"Credo in Gallinari Da qui non si muove"

Il coach d'Antoni difende la scelta, i medialo attaccano
Fonte "La Stampa" di PAOLO BRUSORIO
Un’ora di treno da Manhattan, Madison Square Garden training centre. Il fortino di Rangers (hockey), Liberty (basket femminile) e Knicks: qui ci si allena, si aggiustano muscoli e si cuciono ferite. Mike D’Antoni cerca di riprendersi dalla batosta di mercoledì sera: strapazzati dai New Jersey Nets (89-115), i suoi Knicks sono con un piede e mezzo fuori dai playoff Nba. «Non era questo il progetto di D’Antoni?». Il Daily News fa a pezzi il caro e vecchio Arsenio, ancora non ne vuole la testa ma almeno i baffi, quelli sì. I tifosi fischiano e la stampa comincia a chiedere il conto: nella lista anche la scelta di Gallinari. Danilo ha 28 presenze su 67 partite, poche per una prima scelta. Troppo poche. E ora i problemi alla schiena e il ritorno in Italia. Nemmeno questo è andato giù ai newyorker. «Che bisogno aveva uno della sua stazza, e con quei problemi, di farsi un viaggio Oltreoceano, seppure in prima classe?» si chiede il New York Times. Quello di farsi vedere da specialisti italiani, è la risposta non troppo gradita. Comunque, ancora due consulti a Milano e poi domenica l’ala italiana sarà di nuovo qui.
D’Antoni, quando avete deciso lo stop?
«Qualche settimana fa. Danilo fin dall’inizio ha sofferto per la schiena, poi c’è stato un miglioramento, ma da troppo tempo la situazione si era stabilizzata. Bisognava intervenire. Ci siamo parlati, non si sentiva più sicuro. E visto che quello che conta di più è lui, abbiamo deciso di fermarci».
La chirurgia come unica soluzione per risolvere la protusione discale?
«Non lo sappiamo ancora, a breve decideremo. E, comunque, se operazione sarà, avverrà qui negli Stati Uniti».
Quando lo rivedremo in campo?
«Se verrà operato, nella prossima stagione, forse già in pre-season. Altrimenti mi auguro di averlo prima della fine del torneo».
Diamo per perso questo giro, nel prossimo Gallo avrà ancora la maglia dei Knicks? «Certo, perché non dovrebbe?».
Donnie Walsh, presidente dei Knicks, non ha dubbi sulla riconferma («Abbiamo preso il ragazzo giusto, ne sono ancora convinto»), ma i giornali parlano di possible taglio a giugno. «Solo scemenze. A certe voci è meglio non correre dietro. Noi crediamo in Gallinari».
Subito difficoltà, il rischio di retrocessione nelle leghe minori e poi i guai alla schiena: pentiti di averlo scelto?
«Affatto. Lo prenderemmo subito di nuovo».
Allora che voto dà alla stagione del suo numero 8?
«Ha giocato troppo poco per una valutazione complessiva. Quando è stato bene ha meritato dal 7 all’8».
Che cosa non ha funzionato?
«Solo la condizione fisica. Qui, se non hai muscoli e chili non sei competivo, ma con i suoi problemi Gallo non ha mai potuto fare il lavoro di potenziamento necessario. Ma sono certo che tra 5 anni non ci ricorderemo una parola di questi discorsi».
Quali sono i suoi confini? A quale tipo di giocatore potra assomigliare?
«Penso a gente come Nowitzki o Turkoglu. Grande intelligenza, doti tecniche e qualità difensive».
Quanto siete disposti ad aspettarlo?
«Tanto. E’ un nostro investimento il Gallo. Ha tutto per diventare un grande giocatore. Alla peggio rimarrà un buon giocatore».
Che cosa l’ha colpita di più nel suo modo di stare in campo?
«Le scelte difensive. La capacità di chiudere l’avversario nell’angolo».
Ha preso da suo padre?
«Più dalla madre. Del papà non mi sono mai fidato molto».
Gli italiani in Nba e la nazionale: se fosse stato bene, avreste lasciato Gallinari a Recalcati?
«Certo. Non abbiamo niente contro la nazionale. Credo che la crescita del ragazzo sia interesse comune, o no? Ma se non gioca qui da noi, o lo fa poco, come possiamo lasciarlo andare in nazionale?».
Gallinari a parte, come ha visto Bargnani e Belinelli in questa stagione?
«Bargnani è cresciuto molto nel fisico e nella testa, sta facendo molto bene. Belinelli ha giocato di meno, alternando buone cose a prove meno efficaci: ancora presto per giudicarlo».
Lei e i Knicks quasi fuori dai playoff: è così difficile allenare a New York?
«Dobbiamo vincere 9 dei prossimi 15 match. E anche allora non saremmo certi della qualificazione. Pressione a parte, New York non è diversa da altre città. Abbiamo messo in preventivo un paio di anni difficili. Stiamo lavorando per il futuro».
Che si chiama Lebron James?
«Impossibile dirlo ora. Avremo un altro campionato difficile, questione di salary cap, da abbassare per arrivare alla stella Lebron nella stagione 2010-2011. Poi vedremo quali saranno i giocatori capaci di fare la differenza».
Ma dove sareste con Gallinari in campo?
«Di preciso non lo so, sicuramente molto più avanti».

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