Il mistero dei tiri liberi

Cinquant' anni di errori senza nessun progresso
Si chiama "libero" ma in realtà è il tiro prigioniero della paura, il più difficile e meno allenabile tiro del basket: «Quanti ne conosco di coach che neppure ci provano a insegnarlo ai loro ragazzi», ammette Blake Ahearn, che sul tema è un' autorità assoluta con il suo 94,6% di tiri liberi realizzati negli anni del college. Dice lo studio del prof. Larry Wright (nome che si sposa bene al basket...), statistico della Columbia University: mentre si alzano le medie dei tiri da 2 e da 3 (introdotti nel 1986), con incrementi anche del 12/15%, dal ' 59 quella dei tiri liberi in Nba oscilla tra il 70% e il 77%. Mai andata oltre: «In 50 anni non ci sono state variazioni: incredibile», ammette Wright al New York Times. Tiri da fermo, sospensioni, schiacciate, canottiere, le facce della gente in tribuna, il popcorn. Tutto è cambiato nel basket. Tranne la media dei tiri liberi. Mistero? Forse no. Ray Stefani, analista della California University chiarisce: «Il miglioramento in ogni disciplina sportiva è legatoa quattro fattori: la fisiologia (la corporatura degli atleti, un eventuale doping), la tecnologia e le innovazioni tecniche (dal salto alla Fosbury ai vogatori per i canottieri), l' allenamento (le tattiche, il dosaggio delle forze) e i materiali (il carbonio delle racchette da tennis e delle aste della Isinbaeva, il neoprene dei costumi del nuoto). Tali elementi agevolano i record in vasca, nell' atletica e persino nel tiro al piattello: «Ma non possono aiutare un cestista ad alzare la sua media nei tiri liberi». Bisognerebbe insegnargli a vivere la propria solitudine davanti al canestro. Nemmeno il rigore suona così estremo perché fra il rigorista e il gol c' è comunque un portiere. Forse solo il golfista alla 18ª buca può provare un' analoga sensazione di "abbandono". Lui e il "putt" decisivo. Lui e un colpo, un colpo solo come quello che Robert De Niro tiene in canna per il cervo. Chi insegna a gestire l' emotività? A pensare senza pensare troppo, quando non ci sono più ostacoli né aiuti? «Io credo che gli allenatori abbiano dei pregiudizi - precisa Alberto Cei, allenatore "mentale" di nove ori olimpici - l' abilità nel gesto di precisione si può allenare, ma occorre simulare una condizione di stress simile a quella agonistica: stanchezza, tifo contro». Pressione psicologica, fatica, dolori, paura: «In pochi secondi ti puoi impietrire: per questo è importante abituarsi al gesto ripetendolo come un mantra», prosegue Cei. Eppure il tiro libero resta fermo al ' 59. Shaq O' Neal sfidò un videogame (Nba 2k7) e perse di brutto. Michael Jordan e Kobe Bryant vanno fieri del loro record: 14 tiri liberi su 16 realizzati in un quarto di partita (10' ). Ma il vero mostro di freddezza è Ted Saint Martin: il 28 aprile del ' 96, a Jacksonville, segnò l' ultimo dei suoi 5221 tiri liberi consecutivi. Quando sbagliò fu portato in trionfo.
«Meno male che ne tiravo pochi». Dino Meneghin, monumento del basket italianoe attuale presidente della federazione, perché mai ricorda con emozioni variabili il suo rapporto con i tiri liberi? «Perché è uno strano mestiere, quello lì...». Diverso dal cestista? «Quando sei solo davanti al canestro non puoi limitarti ad essere un bravo cestista, devi anche essere uno che si conosce molto bene». E lei si conosceva abbastanza? «L' esperienza aiuta molto. Da giovane me la facevo abbastanza sotto. Poi ho imparatoa capirmi, a capire, a ignorare il pubblico quando giocavo fuori casa. Credo che il tiro libero sia un mondo a parte, che esula dall' allenamento e che sia allenabile soltanto in parte». Quale parte? «Quella tecnica. Non quella psicologica». Perché tirava pochi tiri liberi? «Perché non ero un terminale dell' azione come lo erano Morse o McAdoo». Però quei due tiri liberi nella semifinale contro l' Unione Sovietica a Mosca ' 80... «Decisivi, sì, che emozione». E uno sbaglio clamoroso? «Avevo 43 anni, ero al mio ultimo anno, a Trieste con Tanjevic: sbagliai il tiro del pareggio contro l' Olympia Milano. Non mi ci faccia pensare...».
Fonte "La Repubblica" del 05/03/09

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