"Basta campioni in vendita la vera vittoria è educare"

Lo sport di Juantorena, da Cuba a Bolt. Noi non esportiamo merce da medaglia, noi cres
ciamo persone. A Pechino Usain e Powell hanno dato uno schiaffo al mondo: i caraibici non sono più buoni solo per ballare il Calypso.
Lo chiamavano El Caballo. Per l'eleganza, la falcata, la potenza. Vinse a braccia levate 400 e 800 metri ai Giochi di Montreal nel '76. Il primo a realizzare la doppietta, in una specialità che aveva sempre parlato inglese. Poi Alberto Juantorena alzò il pugno (nudo) della rivoluzione. Se Smith e Carlos nel '68 con il guanto nero parlarono a nome dei neri d'America, Juantorena fu il manifesto di Fidel e di Cuba. Di una via socialista e caraibica allo sport. Della consapevolezza che un campione porta sempre sulle spalle un paese, non solo il suo ego. Ora Juantorena è un distinto signore di 59 anni, invitato a Roma dall'associazione Italia-Cuba per i 50 anni della rivoluzione. E per spiegare come lo sport ne possa fare parte.
Sorpreso dal successo dello sprint giamaicano a Pechino?
"Soprattutto dalla strapotenza di Bolt e Powell. La Giamaica ha sempre avuto una buona tradizione, Don Quarrie, Miller, ma a Pechino lo schiaffo che hanno dato all'America e al mondo è stato forte. Nel '76 anche Crawford di Trinidad vinse i cento metri. Segno che le isole dei Caraibi sono capaci di ballare qualcosa in più del Calypso. Soprattutto ora che si allenano a casa e che non devono più espatriare per cercare tecnici e strutture. Non copiano Cuba, ma sicuramente guardano alla nostra esperienza e organizzazione".
Lei come Rogge, presidente del Cio, si è sentito offeso dai balli di Bolt sulla pista?
"No, ma io non sono belga. Quel ragazzo ha solo festeggiato in maniera allegra i suoi record del mondo, non ha offeso nessuno. Ha solo interpretato le mille rumbe che gli suonavano dentro".
Bolt quest'anno correrà i quattrocento e forse ai Giochi di Londra farà 100, 200 e 400.
"Tutto è possibile, ma ho dei dubbi sulla tripletta, troppa fatica. Bolt mi è simpatico, anche lui è arrivato al record per caso, si allenava per i 200 e ha trovato il primato sui 100. Io mi preparavo per i 400 e ho stabilito il mondiale degli 800, strappandolo a Fiasconaro, che in gara non sono mai riuscito a battere. Tra l'altro ho esordito nel doppio giro di pista proprio in Italia, a Formia. Bolt giocava a basket, come me, fino a quando un tecnico mi disse che avevo più possibilità nell'atletica. Stimo Bolt, ma tre gare di velocità alle Olimpiadi ti sfondano, sono una porta chiusa".
Anche gli otto ori di Phelps sembravano impossibili.
"Allora diciamo così: Bolt per entrare nel triplo regno dovrà bussare molto alla porta. A proposito di Phelps, ho visto anch'io la foto in cui fuma. E sarò all'antica, ma il campione deve dare l'esempio, non pensare solo a sé. Alcuni sponsor lo hanno abbandonato, noi invece quando il nostro saltatore in alto e primatista del mondo, Javier Sotomayor, nell'99 fu trovato positivo alla cocaina l'abbiamo sostenuto. Fu un sabotaggio".
Sicuro?
"Sì. Lui ha sempre negato di farne uso. Dava fastidio e basta. Cuba non vende né compra atleti. Li fabbrica, li educa, li segue, vuole che si comportino con educazione e moralità. Non per soldi, né per denaro. Noi non esportiamo merce da medaglia, noi cresciamo persone. Stiamo già selezionando atleti non solo per Londra 2012, ma anche per il 2016. Prepariamo il futuro, abbiamo 25 mila atleti su cui investire".
E la crisi a Cuba non si sente?
"Siamo parte del mondo, ma il nostro sport è statale, si basa su un sistema, su un reclutamento, che non è toccato dalla crisi. Crediamo nell'educazione fisica, nell'educazione motoria, nell'importanza dello studio, non c'interessa avere campioni somari. Per questo ho avuto piacere che Robles a Pechino si sia dichiarato dispiaciuto per l'assenza di Liu Xiang nei 110 ostacoli".
Robles avrebbe vinto lo stesso?
"Non ce n'era per nessuno con quel Robles. E a proposito di critiche, a Pechino mi sono trovato bene, in Italia molti attacchi politici sono stati esagerati e strumentali".
Cuba durante i Giochi ha vietato il visto a Tai Aguero, azzurra del volley.
"La nostra politica è chiara verso chi se ne va e volta le spalle al paese. Se tu tradisci la fiducia, poi non puoi tornare indietro. La compassione ci deve essere da tutte e due le parti".
Chiedeva di poter assistere al funerale della madre.
"Non mi tiro indietro. Sono presidente della federazione di atletica e viceministro dello sport, ho preso parte a quella decisione. E' la regola. Se esci dal paese che ti ha nutrito, per seguire altre ambizioni, fai una scelta. Io sono favorevole a regolare la compravendita di atleti tra un paese e l'altro, nel senso che sono assolutamente contrario al fatto che un keniano corra sotto un altro nome per il Qatar. Gli atleti sono una ricchezza, ma non da esportazione".
L'Italia dell'atletica non trova più talenti.
"Dopo i Giochi abbiamo fatto anche noi le nostre riflessioni. Abbiamo sofferto nella boxe e nello judo per alcune decisioni arbitrali, ma ora ci vuole una nuova sfida e grande capacità di reclutamento. Cuba soffre di un problema di natalità. In più i giovani hanno altre distrazioni, videogiochi, computer, bisogna essere capaci di motivarli. E spesso convincerli che stanno praticando lo sport sbagliato".
Nel calcio Cuba proprio non ce la fa a segnare.
"Ancora no. Però voi che sapete farlo aiutateci. Se io non ho riposte, non mi vergogno di chiedere: come si fa a giocare bene a pallone?".
Fonte La Repubblica
"Tutto è possibile, ma ho dei dubbi sulla tripletta, troppa fatica. Bolt mi è simpatico, anche lui è arrivato al record per caso, si allenava per i 200 e ha trovato il primato sui 100. Io mi preparavo per i 400 e ho stabilito il mondiale degli 800, strappandolo a Fiasconaro, che in gara non sono mai riuscito a battere. Tra l'altro ho esordito nel doppio giro di pista proprio in Italia, a Formia. Bolt giocava a basket, come me, fino a quando un tecnico mi disse che avevo più possibilità nell'atletica. Stimo Bolt, ma tre gare di velocità alle Olimpiadi ti sfondano, sono una porta chiusa".
Anche gli otto ori di Phelps sembravano impossibili.
"Allora diciamo così: Bolt per entrare nel triplo regno dovrà bussare molto alla porta. A proposito di Phelps, ho visto anch'io la foto in cui fuma. E sarò all'antica, ma il campione deve dare l'esempio, non pensare solo a sé. Alcuni sponsor lo hanno abbandonato, noi invece quando il nostro saltatore in alto e primatista del mondo, Javier Sotomayor, nell'99 fu trovato positivo alla cocaina l'abbiamo sostenuto. Fu un sabotaggio".
Sicuro?
"Sì. Lui ha sempre negato di farne uso. Dava fastidio e basta. Cuba non vende né compra atleti. Li fabbrica, li educa, li segue, vuole che si comportino con educazione e moralità. Non per soldi, né per denaro. Noi non esportiamo merce da medaglia, noi cresciamo persone. Stiamo già selezionando atleti non solo per Londra 2012, ma anche per il 2016. Prepariamo il futuro, abbiamo 25 mila atleti su cui investire".
E la crisi a Cuba non si sente?
"Siamo parte del mondo, ma il nostro sport è statale, si basa su un sistema, su un reclutamento, che non è toccato dalla crisi. Crediamo nell'educazione fisica, nell'educazione motoria, nell'importanza dello studio, non c'interessa avere campioni somari. Per questo ho avuto piacere che Robles a Pechino si sia dichiarato dispiaciuto per l'assenza di Liu Xiang nei 110 ostacoli".
Robles avrebbe vinto lo stesso?
"Non ce n'era per nessuno con quel Robles. E a proposito di critiche, a Pechino mi sono trovato bene, in Italia molti attacchi politici sono stati esagerati e strumentali".
Cuba durante i Giochi ha vietato il visto a Tai Aguero, azzurra del volley.
"La nostra politica è chiara verso chi se ne va e volta le spalle al paese. Se tu tradisci la fiducia, poi non puoi tornare indietro. La compassione ci deve essere da tutte e due le parti".
Chiedeva di poter assistere al funerale della madre.
"Non mi tiro indietro. Sono presidente della federazione di atletica e viceministro dello sport, ho preso parte a quella decisione. E' la regola. Se esci dal paese che ti ha nutrito, per seguire altre ambizioni, fai una scelta. Io sono favorevole a regolare la compravendita di atleti tra un paese e l'altro, nel senso che sono assolutamente contrario al fatto che un keniano corra sotto un altro nome per il Qatar. Gli atleti sono una ricchezza, ma non da esportazione".
L'Italia dell'atletica non trova più talenti.
"Dopo i Giochi abbiamo fatto anche noi le nostre riflessioni. Abbiamo sofferto nella boxe e nello judo per alcune decisioni arbitrali, ma ora ci vuole una nuova sfida e grande capacità di reclutamento. Cuba soffre di un problema di natalità. In più i giovani hanno altre distrazioni, videogiochi, computer, bisogna essere capaci di motivarli. E spesso convincerli che stanno praticando lo sport sbagliato".
Nel calcio Cuba proprio non ce la fa a segnare.
"Ancora no. Però voi che sapete farlo aiutateci. Se io non ho riposte, non mi vergogno di chiedere: come si fa a giocare bene a pallone?".
Fonte La Repubblica
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