Mangeremo fango per Anni

Intervista a Carlo Recalcari al "Corriere della sera"
Carlo Recalcati, il presidente federale dice che la sua posizione di c.t. potrebbe essere in discussione, visti i k.o. dell'Italia del basket.
«Io mi sento sul pezzo».
Siamo costretti a rifarle una domanda di qualche mese fa: lei è forse bollito?
«Per nulla. Vorrei che il mio pessimismo del passato fosse dettato dalla ‘‘bollitura''. Invece non è così: purtroppo per i detrattori, ero e sono lucido».
Perdere da ungheresi e bulgari, però...
«L'Europa è cresciuta e noi siamo indietreggiati. Quando giochi sul filo del rasoio, devi essere pronto a soffrire e anche a perdere».
Immaginava la strada per l'Europeo 2009 così grama?
«Devo portare rispetto ai ragazzi che ho: hanno dato la disponibilità e stanno lottando. Ma è oggettiva l'assenza degli uomini di punta (tra questi i tre della Nba: Gallinari, Belinelli e Bargnani, ndr): giochiamo con la base e la base è quel che è. Le punte mascherano i guai; se non ci sono, l'asino casca».
Tesi: meglio non averle, le punte; così i problemi saltano fuori una volta per tutte.
«Balla solenne. Le avrei volute tutte, così avrei risolto il primo problema: qualificarmi. Non sono un politico, devo portare l'Italia a Euro 2009. Punto. Non me ne frega nulla di avere ragione su certe cose, anzi quando me la danno m'incavolo».
Che cosa non funziona?
«Non tanto la squadra, ma il sistema. Non abbiamo giocatori, li produciamo a fatica e con gravi buchi nel percorso dal minibasket al professionismo. Questo però lo dicevo già dopo aver battuto la Lituania nella semifinale olimpica 2004: non è cambiato nulla».
Ora è tardi per rimediare?
«È tardissimo. Dobbiamo avere il coraggio di dire, e non so se tutti l'avranno, che ci tocca mangiare fango per anni. Non c'è consapevolezza della realtà e il bello è che si stupiscono pure gli stranieri: ho dovuto spiegare che l'Italia che loro ricordano non c'è più».
Ci sarà mai ancora?
«Il male è l'ipocrisia: a parole tutti sostengono la nazionale, ma nei fatti non è così. Per un verso o per l'altro, qui mancano troppi giocatori. Capisco anche i club, certo: i calendari non aiutano. Ma intanto questo passa il convento».
E il movimento sbanda.
«È un mondo che mi piace sempre di meno: vive in funzione delle disgrazie altrui; se ci sono errori, scatta il gioco al massacro e il non fare nulla aiuta a far risaltare gli sbagli».
Sul piano personale, com'è messo Carlo Recalcati?
«Non soffro, ho già dimostrato di saper ripartire da zero. Sommando le partite da giocatore e da coach, nessuno ha le mie presenze in azzurro: non ho il diritto di sbagliare, ma ho il diritto di passare un momento negativo. Che va rispettato».
Tutte le nazionali boccheggiano.
«Lo ha detto l'Olimpiade, mi pare. E mi risulta che anche il rugby, pur avendo soldi e immagine, stia confrontandosi con un problema comune: trovare spazio per gli italiani».
Dobbiamo prepararci al peggio?
«Sì, qualora non l'avessimo già fatto. Se non vinceremo sabato in Serbia, dovremo mettere in conto che forse agli Europei arriveremo con l'ultimo tram, nell'estate che verrà».
Lei disse che l'Italia sarebbe andata a Pechino. Come mago...
«A volte devo lanciare messaggi positivi, altrimenti ci si deprime. Mollerò l'ottimismo solo quando la speranza sarà morta e sepolta».

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