Una cordata per Olimpia basket
«Io ho il mandato a vendere il 60% della società. In esclusiva. Giorgio Corbelli mi ha chiesto di trovare un compratore per l'Olimpia basket e con lui ci sono quelli che possiamo chiamare i "corbelliani". Ma le quote sul mercato potrebbero salire, è tutto in gioco: anche il 100% della società potrebbe passare di mano, dipende da chi entra e da chi esce».
Pompeo Locatelli parla della pratica che ha sul tavolo, quella sull'Olimpia basket: «Non mi intendo di pallacanestro – dice – sto studiando, la mia unica passione sportiva resta il calcio, anzi l'Inter». Milanese, classe 1940, dottore commercialista (per alcuni il commercialista di Craxi), Locatelli ha attraversato in trionfo la Milano da bere, è sopravvissuto a Tangentopoli e di recente ha riscoperto la passione di famiglia, quella per i dolci del padre pasticcere. Alla metà degli anni Ottanta è lui a organizzare «la cordata, la prima cordata, quella Berlusconi-Barilla-Ferrero che si aggiudicò la Sme battendo l'offerta di De Benedetti»; è lui a gestire il passaggio del Milan da Giussi Farina allo stesso Silvio Berlusconi: «Incredibile per me interista consegnare il Milan a Berlusconi, sapevo che avrebbe vinto molto. Ma, per coerenza professionale, non potevo fare diversamente. Una tragedia, ma stiamo recuperando alla grande». E Locatelli entra (eccome) anche nella vicenda Federconsorzi, e in quella Enimont: con 500 milioni di lire, presi in nero, che gli costano il carcere a San Vittore all'inizio degli anni Novanta.
«Corbelli ci ha pensato a lungo, poi ha deciso di vendere – racconta Locatelli –. Ha altri impegni professionali, con Finarte, che lo assorbono completamente. E poi ha passato un periodo difficile: le incomprensioni nel Cda e gli insulti dei tifosi – assieme a qualche buon consiglio – lo hanno convinto. Ora le cose vanno meglio, sia nella società che sul campo da gioco. Ma la decisione è confermata: del resto quando io parto, parto. Deve essere chiaro tuttavia che l'Olimpia ha i conti in ordine, non ha cambiali da pagare, ha un nome e un marchio di grande valore, è la squadra più blasonata d'Italia. Non siamo qui per svendere... se no meglio continuare».
Non è ancora iniziato «il giro di incontri» con i soci attuali e con i potenziali entranti, ma Locatelli ha già chiesto allo Studio Gnudi Guatri di Bologna di stimare il valore della società: attività economiche, storia, marchio, potenziale esposizione mediatica. Per una cifra complessiva di circa 9 milioni di euro: «Vorrei essere chiaro – aggiunge Locatelli – il valore non corrisponde al prezzo di vendita: quello lo fa il mercato, dipende da chi si fa avanti».
Le prime offerte sono già arrivate «ma bisogna stare attenti – dice – nello sport ci sono molti curiosi». Dagli Stati Uniti – fa sapere Locatelli – è giunto l'interesse «di un grande manager, che ha partecipazioni in una squadra dell'Nba. Una persona di sicura affidabilità. Se volessi potrei chiudere senza problemi con l'americano. Prima però devo sentire i soci attuali, a partire da Massimo Moratti e Adriano Galliani, e poi lo sponsor Armani. Tra l'altro, loro come gli altri soci hanno il diritto di prelazione». Gli incontri potrebbero poi proseguire con «i presidenti di squadre di pallacanestro di altre città che ambiscono alla piazza milanese».
Ma Locatelli ha «un sogno», lo chiama così con aria da benefattore: «Vorrei fare qualcosa per la città, organizzare una cordata di imprenditori, meglio se milanesi». Locatelli non vuole fare i nomi: ma nella sua agenda si è già appuntato i numeri di Leonardo Del Vecchio, dei fratelli Cabassi, della famiglia Pesenti, di Luca Cordero di Montezemolo. Tra chi vuole entrare in uno dei salotti buoni di Milano ci potrebbero essere anche alcuni stilisti: da John Galliano a Dolce&Gabbana (anche se la presenza di Armani in parte li frena). «Ma chi compra – spiega Locatelli – non può vendere Danilo Gallinari il giorno dopo: deve avere un progetto per l'Olimpia».
E il Comune, la Regione (con Formigoni grande appassionato di basket), saranno coinvolte? «Servirebbero a fare da aggregante. Ma credo nella iniziativa privata e confido di trovare l'acquirente giusto. Potrei anche andare da Silvio Berlusconi: dall'imprenditore di Milano, non dal politico, sia chiaro».
Pompeo Locatelli parla della pratica che ha sul tavolo, quella sull'Olimpia basket: «Non mi intendo di pallacanestro – dice – sto studiando, la mia unica passione sportiva resta il calcio, anzi l'Inter». Milanese, classe 1940, dottore commercialista (per alcuni il commercialista di Craxi), Locatelli ha attraversato in trionfo la Milano da bere, è sopravvissuto a Tangentopoli e di recente ha riscoperto la passione di famiglia, quella per i dolci del padre pasticcere. Alla metà degli anni Ottanta è lui a organizzare «la cordata, la prima cordata, quella Berlusconi-Barilla-Ferrero che si aggiudicò la Sme battendo l'offerta di De Benedetti»; è lui a gestire il passaggio del Milan da Giussi Farina allo stesso Silvio Berlusconi: «Incredibile per me interista consegnare il Milan a Berlusconi, sapevo che avrebbe vinto molto. Ma, per coerenza professionale, non potevo fare diversamente. Una tragedia, ma stiamo recuperando alla grande». E Locatelli entra (eccome) anche nella vicenda Federconsorzi, e in quella Enimont: con 500 milioni di lire, presi in nero, che gli costano il carcere a San Vittore all'inizio degli anni Novanta.
«Corbelli ci ha pensato a lungo, poi ha deciso di vendere – racconta Locatelli –. Ha altri impegni professionali, con Finarte, che lo assorbono completamente. E poi ha passato un periodo difficile: le incomprensioni nel Cda e gli insulti dei tifosi – assieme a qualche buon consiglio – lo hanno convinto. Ora le cose vanno meglio, sia nella società che sul campo da gioco. Ma la decisione è confermata: del resto quando io parto, parto. Deve essere chiaro tuttavia che l'Olimpia ha i conti in ordine, non ha cambiali da pagare, ha un nome e un marchio di grande valore, è la squadra più blasonata d'Italia. Non siamo qui per svendere... se no meglio continuare».
Non è ancora iniziato «il giro di incontri» con i soci attuali e con i potenziali entranti, ma Locatelli ha già chiesto allo Studio Gnudi Guatri di Bologna di stimare il valore della società: attività economiche, storia, marchio, potenziale esposizione mediatica. Per una cifra complessiva di circa 9 milioni di euro: «Vorrei essere chiaro – aggiunge Locatelli – il valore non corrisponde al prezzo di vendita: quello lo fa il mercato, dipende da chi si fa avanti».
Le prime offerte sono già arrivate «ma bisogna stare attenti – dice – nello sport ci sono molti curiosi». Dagli Stati Uniti – fa sapere Locatelli – è giunto l'interesse «di un grande manager, che ha partecipazioni in una squadra dell'Nba. Una persona di sicura affidabilità. Se volessi potrei chiudere senza problemi con l'americano. Prima però devo sentire i soci attuali, a partire da Massimo Moratti e Adriano Galliani, e poi lo sponsor Armani. Tra l'altro, loro come gli altri soci hanno il diritto di prelazione». Gli incontri potrebbero poi proseguire con «i presidenti di squadre di pallacanestro di altre città che ambiscono alla piazza milanese».
Ma Locatelli ha «un sogno», lo chiama così con aria da benefattore: «Vorrei fare qualcosa per la città, organizzare una cordata di imprenditori, meglio se milanesi». Locatelli non vuole fare i nomi: ma nella sua agenda si è già appuntato i numeri di Leonardo Del Vecchio, dei fratelli Cabassi, della famiglia Pesenti, di Luca Cordero di Montezemolo. Tra chi vuole entrare in uno dei salotti buoni di Milano ci potrebbero essere anche alcuni stilisti: da John Galliano a Dolce&Gabbana (anche se la presenza di Armani in parte li frena). «Ma chi compra – spiega Locatelli – non può vendere Danilo Gallinari il giorno dopo: deve avere un progetto per l'Olimpia».
E il Comune, la Regione (con Formigoni grande appassionato di basket), saranno coinvolte? «Servirebbero a fare da aggregante. Ma credo nella iniziativa privata e confido di trovare l'acquirente giusto. Potrei anche andare da Silvio Berlusconi: dall'imprenditore di Milano, non dal politico, sia chiaro».
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