A Roseto cancellati 90 anni di basket!
Sono bastati dodici mesi a cancellare Roseto degli Abruzzi dalla geografia del basket. Era il 13 luglio quando Norante & Co decisero di chiudere l’avventura del Roseto in serie A con il titolo in mano, quella serie A tanto sudata sul campo nell’ultima giornata contro Capo d’Orlando. E ieri, 4 luglio, il basket a Roseto ha definitivamente chiuso i battenti. Il progetto triennale sbandierato dall’ex presidente Alberto Rapagnà si è rivelato una bufala, e l’ingegnere ha ufficialmente ceduto a Chieti i diritti della B2 rosetana, senza neanche offrire agli appassionati la certezza di una ripartenza dal campionato di C1. Nei giorni scorsi si erano rincorse diverse voci, tra le quali spiccava un’offerta dell’ultima ora targata Michele Martinelli, offerta apparsa su internet, a quanto pare luogo unico di trattativa. Ma la mossa di Martinelli ha chiaramente suscitato qualche dubbio, non solo per la forma, riservata appunto ad una trattativa mediatica, quanto nella voglia di protagonismo di cui il solito “Miguelon” ha dato prova in questo ennesimo tentativo di salvare la patria. Era noto a tutti che, per le vicende trascorse, un passaggio di proprietà Rapagnà-Martinelli non sarebbe stato in alcun modo preso in considerazione dall’ingegnere rosetano. Ma se tanto a cuore erano le sorti del Roseto Basket, perché non lasciare la trattativa a Brocco per poi subentrare ad acquisto avvenuto? In questo ennesimo gioco delle parti, come al solito, ad avere la peggio sono nuovamente i tifosi e la cittadina, che dal basket aveva guadagnato non solo in visibilità quanto in prestigio, e che ora è costretta a vedersi privata di quasi 90 anni di basket. Inutile cercare colpevoli ora, come inutile lo era stato un anno fa, quando nello sport entrano fattori economici e politici. Inutile rivangare frasi dette e promesse fatte, il basket a Roseto è morto, e senza dubbio ognuno ha contribuito a suo modo, compreso il totale disinteresse della gente, che in questo anno difficile di B2 ha lasciato la squadra e la società completamente soli. Così come le istituzioni, tanto quanto lo stesso Rapagnà, che l’ennesima delusione ha dato a questa cittadina che del basket faceva una ragione di vita.
Barbara Mazzocco
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