Quel Pianella tempio della pallacanestro europea

Da LaPadania on Line del 07/01/07
Dall’intelligenza di Marzorati ai canestri di Riva
«I campioni di pallacanestro si dividono in due categorie: quelli che ti fanno vincere con un tiro all’ultimo secondo di gioco e quelli che almeno una volta nella vita hanno calpestato il parquet del Pianella».
Io sono uno di questi. Perchè lì le mie scarpe ci sono state. Lì, in quella specie di prefabbricato prestato al basket, ho infilato pure qualche bel canestro (seppur da perdente...).
Cantù, palazzetto dello sport. Tradotto: il Pianella di Cucciago, ora PalaVerticalVision. In questa città da poco più di 30 mila anime, vale ancora il pensiero di un anonimo giocatore di pallacanestro. Di un giovanissimo avversario dalla maglia bianca e azzurra.
Chi vi scrive, quel giorno, stava dall’altra. Indosso il bianco e il rosso: i colori della mia città. Quella Varese che sul petto di scudetti ne ha cuciti ben 10.
Storie di derby. Di quelli da giocare fino all’ultimo respiro. Sia chiaro: roba da poco. Da anni Novanta. Di settore giovanile nazionale. Quando hai nelle gambe 17 anni e tanta voglia di correre e divertirti. E la voglia di lasciare un ricordo sul campo. Come quella frase buttatami lì da quel ragazzo prima che salissi sul pulmino per far ritorno a Varese. Allora non l’avevo capita. Oggi, con il Pianella che presto andrà in pensione, non può non tornarti alla mente.
E’ di qualche giorno fa la notizia che l’amministrazione comunale cittadina ha messo la parola fine al palazzetto degli sprechi di Corso Europa (ribattezzato il Palababele) che aveva costretto il basket Cantù a emigrare in quella specie di container del Pianella. Burocrazia permettendo, tra un paio d’anni sarà pronto la nuova “casa” dello sport dedicato al basket. Nel progetto una sorta di astronave da 6.500 posti a sedere con tanto di negozi, bar, palestre. Allora, con ogni probabilità, il “vecchio” Pianella chiuderà i cancelli. Una struttura che negli anni, forse senza neanche volerlo, è diventata un tempio della pallacanestro europea.
Da qui sono passati tutti i più grandi cestisti italiani: da Dino Meneghin a Gianmarco Pozzecco. Da Charlton Myers a Vincenzino Esposito. Ma soprattutto qui dove venire se volevi ammirare l’intelligenza tattica di Pier Luigi Marzorati, play e storica bandiera di Cantù ora ai vertici della società, o gustare quella micidiale macchina da canestri che era Antonello Riva.
In quel palazzetto, freddo e dimenticato da Dio, c’è scritta la storia del basket di questo paese. Storie di sfide all’ultimo canestro, di gioie e di rancori. Di rivalità cittadine che crescevano tra gli stessi giocatori, quasi sempre nati in quella terra. Per quei ragazzi indossare la maglia della propria città era il sogno di una vita. Durante le partite ti capitava perfino di sentire i giocatori urlare in dialetto. La cosa più “strana” che ti poteva succedere al Pianella era ascoltare l’accento veneto o friulano dello “straniero”.
Cantù, città a due passi da Milano e Varese. Un asse lombardo che è un esempio in campo internazionale. Hanno dominato il Vecchio Continente a suon di canestri. E lo hanno fatto per anni. Ma purtroppo i tempi cambiano.
A Cantù nelle passate stagioni (e quest’anno purtroppo non è da meno) più della metà dei suoi giocatori sono stranieri. Segno che tutto cambia. Anche i palazzetti devono far posto a quelli ultramoderni. Giusto così.
Per fortuna la storia non si cancella. E il Pianella avrà sempre qualcosa da raccontare un po’ a tutti.
Come quella sera degli anni Novanta. In quella sfida da derby giovanile. Alla fine ci beccammo sul groppone 37 punti di scarto. Con il nostro allenatore, quel Gianni Chiapparo oggi general manager alla Pallacanestro Varese, che all’allenamento successivo si presentò con addosso una maglia tutta blu con la scritta gialla a caratteri cubitali: - 37. Un modo gentile per farti ricordare la figuraccia fatta. E’ questo l’unico motivo che trovo per non essere triste della chiusura del Pianella...

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