Gherardini: `L`America e` un altro pianeta`

Maurizio Gherardini e’ il primo dirigente italiano nella storia degli sport professionistici americani. Con Datasport il vice-presidente della franchigia NBA dei Toronto Raptors, quella dove gioca Andrea Bargnani, ed ex-general manager della Benetton Treviso, racconta la sua esperienza, e ci aiuta a capire gli scenari del basket che verra’.
Come procede il lavoro a Toronto? A livello manageriale sono tante le differenze tra il sistema americano e quello italiano?
L’esperienza e’ sicuramente molto interessante e da vivere in tutti i suoi risvolti. Credo che la differenza maggiore sia proprio lavorare partendo da presupposti diversi: da una parte il sistema dello sport americano basato sul concetto delle franchigie e, quindi, con una logica commerciale, dall’altro il sistema dello sport in Europa dove federazioni, club, promozioni e retrocessioni hanno un peso fondamentale su tutto quanto succede.
I Raptors hanno allestito una specie di “multinazionale” del basket, con tanti campioni extra-USA. E’ questo il futuro verso cui va la NBA?
Non credo che siamo di fronte ad una moda o ad una nuova direzione. Abbiamo puntato a qualche buon giocatore europeo perche’ eravamo convinti della qualita’ del giocatore a prescindere dal colore del passaporto. Il fatto poi che Toronto, nel nostro caso, sia una grande metropoli multietnica sicuramente ha facilitato notevolmente anche il processo di ambientamento degli stessi atleti.
Il presidente del Real Madrid ha annunciato l’ingresso di quattro club europei nella Lega americana dal 2009: e’ uno scenario realmente possibile?
Sono molto scettico su un’eventualita’ del genere: non credo che l’Europa abbia scenari di potenzialita’ economiche, strutture organizzative ed arene all’altezza di una lega come la NBA.
Cosa ne guadagnerebbe (o perderebbe) il basket a stelle e strisce? E quello europeo?
Credo che il basket NBA e l’Europa debbano trovare una sorta di spazio in comune sul quale lavorare per promuovere il nostro sport: eventi come NBA Live Europe sicuramente vanno in questa direzione e, credo, a beneficio di entrambi i poli di interesse.

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