Sunto Mondiale
Non so per quale motivo, oggi, dopo 10 giorni dalla chiusura dei mondiali in Giappone, mi trovi ancora qui a voler parlare di Team USA, probabilmente perchè mi domando ancora, come, una formazione di così alto spessore tecnico, abbia potuto subire una tale disfatta.
Forse, più che per i giocatori in campo, mi aspettavo molto di più da coach K, nonostante non sia un particolare intenditore di basket NCAA o forse, perchè quella panchina arricchina dal nome di Mike D'Antoni (allenatore che stimo e ammiro profondamente), poteva e doveva dare di più.
Non so, ma ho trovato girando per blog e siti, ancora numerosi i commenti e riflessioni che mettono in luce alcune lacune che la formazione a stelle e striscie ha mostrato durante il torneo nipponico e che dovrà assolutamente colmare per poter tornare ufficialmente sul tetto del mondo (ranking FIBA escluso).
Allontaniamo, prima di tutto, l'appellativo di Dream Team, "la squadra dei sogni", dalle maglie statunitensi: quella del '92 a Barcellona era l'unica che poteva onorare a pieno quell'appellativo, campioni indiscussi e indiscutibili, che hanno fatto sognare letteralmente generazioni di appassionati, con Magic-Bird (con i duelli Lakers-Celtics) anime del basket NBA anni '80, ormai pronti a lasciare il testimone al Jordan stellare dei 6 anelli con i Bulls, assieme al compagno Pippen, con "Sir" Charles, neo Hall Of Famer, il duo delle meraviglie di Utah Malone-Stockton (unico neo, mai vittoriosi in un campionato NBA), l'Ammiraglio dei San Antonio Spurs David Robinson, Clyde "The Glide" Drexler vincitore, 3 anni dopo, del suo unico anello NBA, con Houston lo stesso anno del suo passaggio da Portland, Patrick Ewing già portacolore della squadra americana e vincitore dell'oro olimpico a Los Angeles nel 1984, insieme a Jordan, e Chris Mullin dai Warriors di Golden State (giocatore che letteralmente adoravo) anche lui oro a Los Angeles.
Unica, piccola, nota stonata la presenza di Christian Laettner: l'allora studente universitario della Duke, eccellente giocatore Ncaa, questo era innegabile, tolse un pò di magia in più a quella formazione che lascio a casa gente come Isiah Thomas e Dominique Wilkins.
Il tutto condito dalla personalità e dal carisma di coach Chuck Daly, allenatore dei Detroit Pistons, i "Bad Boys" per due anni vincitori dell'anello di campioni del mondo.
Ricordiamo anche la decisione di portare a livello internazionale i campioni della Nba: principalmente è che David Stern, commissioner NBA, è stanco di prendere mazzate e non accetta che la madre di tutti i canestri continui a prenderle in giro per il mondo.
Infatti, dopo l'oro olimpico del 1984 a Los Angeles (nota per nostalgici, è l'addio alla nazionale per Dino Meneghin), la nazionale americana, ancora composta dai migliori giocatori universitari, accusò una dura lezione di basket già nei Panamericani del 1987, giocati in casa a Indianapolis, quando vinse il Brasile di Oscar, per poi uscire sconfitta anche nei successivi giochi olimpici di Seul nel 1988.
Tutto questo appesantito dalla nuova sconfitta nei Panamericani del 1989 a Cuba, ma sopratutto dai Mondiali di Buenos Aires del 1990, quando, sul gradino più basso del podio, dovette assistere alla finale tra Urss (ormai priva di giocatori lituani) e la Jugoslavia vinta nettamente da quest'ultima.
Così nell'imminenza dei giochi olimpici di Barcellona nel 1992, nasce una stretta collaborazione tra NBA e Fiba, dettata anche dall'evoluzione dello sport che avviene in quegl'anni, con la ricerca di sempre maggiore spettacolarizzazione per il bene del pubblico e naturalmente di sponsors e business: lo sport è diventa uno show, uno spettacolo che movimenta risorse economiche sempre maggiori.
Così si aprono le porte del professionismo nel circo olimpico, spezzando quel muro d' ipocrisia che aveva avvolto e cristallizato l'espressione più alta dello sport mondiale, ufficializzando il diritto di partecipare dei migliori in assoluto. E nel basket cosa c'è di meglio della NBA?
Nba, che per precisione, aveva già aperto le sue porte all'Europa, cinque anni prima, con l'Open di Milwaukee, il Mc Donal's Open, con la partecipazione dei Bucks, dell'Unione Sovietica e dell'Olimpia Milano di Dino Meneghin e Mike D'Antoni.
Da quel '92 il "Dream Team " ha dovuto addirittura accasarsi il nomignolo di "Original", come se ce ne fosse bisogno, per le repliche ricreate e riviste negli anni successivi nelle diverse manifestazioni internazionali: gli Usa dominano in lungo e in largo.
I mondiali di Toronto nel '94, li vedono vittoriosi, con in campo Shaq, Kemp, Reggie Miller, Mourning solo per pronunciarne alcuni, sconfiggendo in finale la Russia per 137 a 91.
Le Olimpiadi casalinghe di Atlanta, li vedono nuovamente sul gradini più alto del podio, ma, in finale, la Jugoslavia guidata da Divac, esaltato dal confronto con i colleghi Nba, gli rende la vita difficile, tanto che al 26' il risultato è 51 - 50.
Finale 95 - 69, con in formazione ancora Shaq, 5 reduci da Barcellona (Charles Barkley, Scottie Pippen, David Robinson, Karl Malone e John Stockton), Grant Hill, Anfernee Hardaway, Reggie Miller, Gleen Robinson e Mitch Richmond già presente a Seul.
Nel 1998, proprio l'anno dei mondiali in Gracia, la NBA vive il braccio di ferro tra proprietari e giocatori, tanto che i giocatori convocati da Tomjanovich, dichiarano che, qualora non si giunga un accordo entreo il 1° di Luglio, non potranno prendere parte ai mondiali.
Stern confida nel "patriottismo", ma Granick risponde rompendo gli indugi; "per questa volta niente giocatori NBA in nazionale": arriva 4° con una squadra di "europei" raccattata all'ultimo istante, dignitosa, ma piuttosto modesta. Per Sydney nel 2000, la squadra, sempre guidata da Tomjanovich, dopo la sconfitta nei mondiali greci, deve passare dalle qualificazioni in Portorico.
Questa volta i giocatori NBA, ci sono e di gran nome: Kevin Garnett, Gary Payton, Tim Duncan, Jason Kidd, Allan Houston, Tim Hardaway, Steve Smith, Tom Gugliotta e Vin Backer, più tre universitari (Elton Brand, Wally Sczerbiak e Richard Hamilton).
Vincono le qualificazioni, sconfiggendo in finale il Canada per 92-66 con 978 punti segnati di media e 662 subiti.
In Australia la formazione cambia leggermente look: via i tre giovani, ma restano a casa anche Tim Duncan e Tom Gugliotta.
Al loro posto Shareef Abdur Rahim, Ray Allen, Vince Carter, Antonio McDyess e Alonzo Mourning: vincono i giochi, battendo in finale la Frnacia, ma il cammino non è più facile come un tempo.
Nelle otto partite segnano 760 punti (95 di media) e ne subiscono 587 (73.4 di media). Dilagano contro la Cina, l'Italia e la Nuova Zelanda, ma Francia e Lituania non ricevono le "lezioni" abituali.
Terza giunge la Lituania del giovane Jasikevicius, che in semifinale era giunta ad un passo dal colpaccio : 85 - 83 il risultato fianle.
Ed eccoci giunti al momentaggio, l'ultima vittoria statunitense, 6 anni senza vedere il gradino più alto del podio.....(da Simulascion 3 di Scion appena dopo la sconfitta con i greci).......
"Gli americani sanno benissimo perché perdono, ma da orgogliosi quali sono, non lo ammetteranno mai...e così continueranno a perdere. Perché se coach Krzyzewski ammette che “in campo internazionale abbiamo ancora molto da imparare” e il suo vice D'Antoni non può che assentire, è anche vero che dalle labbra di LeBron James o da quelle di Dwayne Wade o Carmelo Anthony, cioè i 3 capitani, non è uscita nemmeno mezza parola sull'argomento. Anzi. Anthony ha addirittura ammesso di essere shocked, ma anche che questa “non è la fine del mondo”, che di per se è giustissimo, ma tra le righe si legge tranquillamente “siamo sempre noi i migliori”. E questo invece è sbagliato.Sono si i migliori...ma in America.
Nelle competizioni internazionali contro squadre Fiba, sono forti, non i migliori. Il difetto è la mentalità (poichè chiariamoci: se gli america
ni fossero meno supponenti e preparassero veramente bene le competizioni internazionali non ce ne sarebbe per nessuno), anche perchè non c'è nessun Jordan nella selezione (checchè se ne dica di Wade…per favore.) e l'unico che poteva da solo risolvere la situazione è rimasto a casa....non faccio nomi. Sarebbe paradossalmente fin troppo facile analizzare gli aspetti tecnici di cui deficitano gli americani, così come è ancora paradossale vedere uno con i mezzi fisici di James o Wade non riuscire a fermare nemmeno con lo sgambetto quei fulmini di velocità dei greci... le basi del basket: allarghi le gambe, abbassi il baricentro, mano sulla palla e scivolamento laterale.Ecco perché persino il Portorico ha segnato 100 punti a questa nazionale!Eppure in NBA gente che difende c'è eccome, solo che essendo perlopiù scarsa in altri ambiti non viene convocata…e intanto la nazionale non è più sul trono del mondo da anni.Secondo chi scrive la via da seguire è una soltanto: convocare tra i migliori coloro che hanno più attitudine per il gioco puro, e più spirito di abnegazione (perchè caro Wade, lo spavaldo lo puoi fare solo quando vinci..) e torneranno a vincere tranquillamente."
Mentre Tiny Pistol sul blog atletico cuba libre, consiglia uno scambio "culturale" per risolvere la sterilità americana......."Europa - USA: scambio Culturale? Parlo del basket, ovviamente. L'ultimo Mondiale nel Giappone ha fatto a tanti sorgere questa domanda: ''Quanto può imparare l'Europa del basket dagli USA ancora? E quanto possono imparare gli USA dall'Europa?'' Bisogna dire che l'Europa è stata la prima a sfruttare l'altro continente, che è evidente nel numero di stranieri nel campionato NBA, ormai oltre 100 e preso a 50% delle rose.
a. Mezzi atletici. E' palese che l'Europa sta cercando di tirare fuori grandi atleti che sanno anche giocare a basket. Per la verità, esistevano già nel passato: Drazen Dalipagic, Andrei Lopatov, Toni Kukoc e via dicendo. Ma un Dr. J o un Michael Jordan dava l'impressione che ci fosse un abisso fisicamente. No. Ma, lo stesso, oggi abbiamo in Europa dei giocatori che sono anche atleti. Imparato dagli Americani.
b. Tiro. Una volta, l'NBA aveva fior di tiratori: Earl Monroe, Lou Hudson, John Havlicek, Phil Chenier, Larry Bird e via dicendo. L'Europa, però, anche negli anni passati, non scherzava con il tiro: Drazen Petrovic, Drazen Dalipagic, Sergei Belov, Antonello Riva, Renato Villalta. Ma l'Europa ha mantenuto il proprio livello, anzi, è molto migliorato, mentre gli USA non producono più tiratori. Devono studiare gli Europei.
c. Basket Essenziale vs. Basket Spettacolo. Nella partita USA-Grecia, ho visto diverse schiacciate fatte dagli Americani ma non mi ricordo neanche uno dalla Grecia. Ricordo anche qualche gioco molto spettacolare dagli Americani ma non me ne viene in mente uno dai Greci (anzi, pick and roll per 40 minuti). Ma, alla fine, i Greci hanno avuto ragione. Quindi, OK qualche gioco bello, ma gli USA devono fare anche ABC.
d. Difesa. Gli Americani hanno cercato, sin dalle amichevoli, di imporre un pressing individuale a tutto campo con qualche raddoppio sul portatore di palla appena lui attraversasse la linea di metà campo o sul ricevitore che prendesse il passaggio che attraversava la linea di metà campo. Efficace contro le squadre deboli, meno contro le squadre ben attrezzate e ben allenate. Gli USA non possono pressare sempre e vincere.
e. Uomo a Uomo. Qui gli USA fanno fatica a marcare un avversario uno contro uno, e senza aiuti. Vengono battuti regolarmente. Poi, se un compagno aiuta, il penetratore passa all'uomo lasciato libero dall'aiutante e il risultato è un canestro da tre. Qui, gli USA (allenatori di ogni livello) devono tornare a insegnare la difesa contro il proprio uomo, una tecnica forte in Europa ma ormai debolissima negli Stati Uniti.
f. Concetto di attacco. Le squadre del Vecchio Continente usano (anche i club) ciò che io chiamo lo ''Stile Europeo.'' Forse nato dalla grande Jugoslavia di Mirko Novosel. Cioè, un pivot vero, un play vero e tre micidiali tiratori. I tiratori si mettono uno a destra, uno a sinistra e uno centrale. Un bel pick and roll e i giochi sono fatti. Gli Americani farebbero bene a studiare più a fondo questo semplice concetto.
g. Direzione tecnica. Ho visto coach Mike Krzyzewski fare cambi cinque alla volta. Sono contrario a questa idea al 100%. Invece, se lo vede al livello NCAA. Funziona contro la Cina ma non contro la Grecia perchè spezza il ritmo della squadra quando i cinque entranti non si riscaldano in fretta. Gli allenatori USA farebbero bene a fare come i loro colleghi europei e sostituire uno o due giocatori alla volta e basta.
h. Attacco alla zona. Qui abbiamo un abisso. In Europa, certo, qualche volta si vede una zona, ma raramente e solo per cambiare la partita un po'. Coaches che fanno la zona sempre, come strategia base, non ci sono più. Motivo: i coaches in Europa sono i più bravi nel mondo ad attaccare le zone. Mi meraviglio che gli allenatori NCAA non chiedano filmati da loro per capire come attaccare la zona. Mi fermo qua. Ovvio, si potrebbe andare avanti con altri punti. Tirando le somme, gli Europei hanno poco da imparare dagli Americani mentre gli USA possono (e devono) imparare dagli Europei. Vuol dire coach USA devono studiare coach Europei; giocatori USA devono prendere da giocatori Europei. Comunque, è uno scambio culturale che arricchisce entrambe le parti."
Mentre il mio amico Alex di "Basketbhall" commenta inequivocabilmente che "Ho visto gli USA giocare non solo contro l’Italia, e ormai non mi stupisco nemmeno più dell’insipienza cestistica di questi che sarebbero comunissimi brocchi se non avessero il fisico che hanno."
Probabilmente tutti hanno ragione, tutti hanno torto, personalmente e da coach, sono rimasto profondamente deluso dal gioco espresso dall'armata USA: con Mike in panca pensavo di vedere un "gioco", una certa alternanza e disparità tra le soluzioni offensive, un book ricco, anche di nuove soluzioni, un mix tra gioco NCAA, quello NBA e quello Europeo giocato e vissuto dall'italo-americano.
Ma da Profumo di Vaniglia "Rimane il fatto che non appena Mike Krzyzewski e' ritornato a casa sua, non ci ha pensato su due volte ad analizzare questo semi fallimento partendo da un concetto molto semplice: per vincere l'oro alle prossime olimpiadi in Cina, Team Usa deve giocare di piu' un clima per cosi' dire internazionale. Dalla Cameron Indoor Stadium di Duke dove tutti lo considerano una leggenda, il coach della squadra piu' forte del mondo - almeno sulla carta - ha dimostrato di voler prendersi una bella rivincita, per quanto alla lunga digerire il boccone amaro non e' stato per niente facile. Quanto alla rosa in mente per ricostruire un futuro all'altezza della situazione, pare che Mike Krzyzewski abbia gia' le idee chiare: si cambia qualche individualita' ma Kobe Bryant, inserito come riserva a casa ma out per l'operazione al ginocchio, dovrebbe finalmente esordire in una competizione internazionale. In altre parole, l'appuntamento e' per i tornei in programma la prossima estate.
Forse, più che per i giocatori in campo, mi aspettavo molto di più da coach K, nonostante non sia un particolare intenditore di basket NCAA o forse, perchè quella panchina arricchina dal nome di Mike D'Antoni (allenatore che stimo e ammiro profondamente), poteva e doveva dare di più.
Non so, ma ho trovato girando per blog e siti, ancora numerosi i commenti e riflessioni che mettono in luce alcune lacune che la formazione a stelle e striscie ha mostrato durante il torneo nipponico e che dovrà assolutamente colmare per poter tornare ufficialmente sul tetto del mondo (ranking FIBA escluso).
Allontaniamo, prima di tutto, l'appellativo di Dream Team, "la squadra dei sogni", dalle maglie statunitensi: quella del '92 a Barcellona era l'unica che poteva onorare a pieno quell'appellativo, campioni indiscussi e indiscutibili, che hanno fatto sognare letteralmente generazioni di appassionati, con Magic-Bird (con i duelli Lakers-Celtics) anime del basket NBA anni '80, ormai pronti a lasciare il testimone al Jordan stellare dei 6 anelli con i Bulls, assieme al compagno Pippen, con "Sir" Charles, neo Hall Of Famer, il duo delle meraviglie di Utah Malone-Stockton (unico neo, mai vittoriosi in un campionato NBA), l'Ammiraglio dei San Antonio Spurs David Robinson, Clyde "The Glide" Drexler vincitore, 3 anni dopo, del suo unico anello NBA, con Houston lo stesso anno del suo passaggio da Portland, Patrick Ewing già portacolore della squadra americana e vincitore dell'oro olimpico a Los Angeles nel 1984, insieme a Jordan, e Chris Mullin dai Warriors di Golden State (giocatore che letteralmente adoravo) anche lui oro a Los Angeles.
Unica, piccola, nota stonata la presenza di Christian Laettner: l'allora studente universitario della Duke, eccellente giocatore Ncaa, questo era innegabile, tolse un pò di magia in più a quella formazione che lascio a casa gente come Isiah Thomas e Dominique Wilkins.
Il tutto condito dalla personalità e dal carisma di coach Chuck Daly, allenatore dei Detroit Pistons, i "Bad Boys" per due anni vincitori dell'anello di campioni del mondo.
Ricordiamo anche la decisione di portare a livello internazionale i campioni della Nba: principalmente è che David Stern, commissioner NBA, è stanco di prendere mazzate e non accetta che la madre di tutti i canestri continui a prenderle in giro per il mondo.
Infatti, dopo l'oro olimpico del 1984 a Los Angeles (nota per nostalgici, è l'addio alla nazionale per Dino Meneghin), la nazionale americana, ancora composta dai migliori giocatori universitari, accusò una dura lezione di basket già nei Panamericani del 1987, giocati in casa a Indianapolis, quando vinse il Brasile di Oscar, per poi uscire sconfitta anche nei successivi giochi olimpici di Seul nel 1988.
Tutto questo appesantito dalla nuova sconfitta nei Panamericani del 1989 a Cuba, ma sopratutto dai Mondiali di Buenos Aires del 1990, quando, sul gradino più basso del podio, dovette assistere alla finale tra Urss (ormai priva di giocatori lituani) e la Jugoslavia vinta nettamente da quest'ultima.
Così nell'imminenza dei giochi olimpici di Barcellona nel 1992, nasce una stretta collaborazione tra NBA e Fiba, dettata anche dall'evoluzione dello sport che avviene in quegl'anni, con la ricerca di sempre maggiore spettacolarizzazione per il bene del pubblico e naturalmente di sponsors e business: lo sport è diventa uno show, uno spettacolo che movimenta risorse economiche sempre maggiori.
Così si aprono le porte del professionismo nel circo olimpico, spezzando quel muro d' ipocrisia che aveva avvolto e cristallizato l'espressione più alta dello sport mondiale, ufficializzando il diritto di partecipare dei migliori in assoluto. E nel basket cosa c'è di meglio della NBA?
Nba, che per precisione, aveva già aperto le sue porte all'Europa, cinque anni prima, con l'Open di Milwaukee, il Mc Donal's Open, con la partecipazione dei Bucks, dell'Unione Sovietica e dell'Olimpia Milano di Dino Meneghin e Mike D'Antoni.
Da quel '92 il "Dream Team " ha dovuto addirittura accasarsi il nomignolo di "Original", come se ce ne fosse bisogno, per le repliche ricreate e riviste negli anni successivi nelle diverse manifestazioni internazionali: gli Usa dominano in lungo e in largo.
I mondiali di Toronto nel '94, li vedono vittoriosi, con in campo Shaq, Kemp, Reggie Miller, Mourning solo per pronunciarne alcuni, sconfiggendo in finale la Russia per 137 a 91.
Le Olimpiadi casalinghe di Atlanta, li vedono nuovamente sul gradini più alto del podio, ma, in finale, la Jugoslavia guidata da Divac, esaltato dal confronto con i colleghi Nba, gli rende la vita difficile, tanto che al 26' il risultato è 51 - 50.
Finale 95 - 69, con in formazione ancora Shaq, 5 reduci da Barcellona (Charles Barkley, Scottie Pippen, David Robinson, Karl Malone e John Stockton), Grant Hill, Anfernee Hardaway, Reggie Miller, Gleen Robinson e Mitch Richmond già presente a Seul.
Nel 1998, proprio l'anno dei mondiali in Gracia, la NBA vive il braccio di ferro tra proprietari e giocatori, tanto che i giocatori convocati da Tomjanovich, dichiarano che, qualora non si giunga un accordo entreo il 1° di Luglio, non potranno prendere parte ai mondiali.
Stern confida nel "patriottismo", ma Granick risponde rompendo gli indugi; "per questa volta niente giocatori NBA in nazionale": arriva 4° con una squadra di "europei" raccattata all'ultimo istante, dignitosa, ma piuttosto modesta. Per Sydney nel 2000, la squadra, sempre guidata da Tomjanovich, dopo la sconfitta nei mondiali greci, deve passare dalle qualificazioni in Portorico.
Questa volta i giocatori NBA, ci sono e di gran nome: Kevin Garnett, Gary Payton, Tim Duncan, Jason Kidd, Allan Houston, Tim Hardaway, Steve Smith, Tom Gugliotta e Vin Backer, più tre universitari (Elton Brand, Wally Sczerbiak e Richard Hamilton).
Vincono le qualificazioni, sconfiggendo in finale il Canada per 92-66 con 978 punti segnati di media e 662 subiti.
In Australia la formazione cambia leggermente look: via i tre giovani, ma restano a casa anche Tim Duncan e Tom Gugliotta.
Al loro posto Shareef Abdur Rahim, Ray Allen, Vince Carter, Antonio McDyess e Alonzo Mourning: vincono i giochi, battendo in finale la Frnacia, ma il cammino non è più facile come un tempo.
Nelle otto partite segnano 760 punti (95 di media) e ne subiscono 587 (73.4 di media). Dilagano contro la Cina, l'Italia e la Nuova Zelanda, ma Francia e Lituania non ricevono le "lezioni" abituali.
Terza giunge la Lituania del giovane Jasikevicius, che in semifinale era giunta ad un passo dal colpaccio : 85 - 83 il risultato fianle.
Ed eccoci giunti al momentaggio, l'ultima vittoria statunitense, 6 anni senza vedere il gradino più alto del podio.....(da Simulascion 3 di Scion appena dopo la sconfitta con i greci).......
"Gli americani sanno benissimo perché perdono, ma da orgogliosi quali sono, non lo ammetteranno mai...e così continueranno a perdere. Perché se coach Krzyzewski ammette che “in campo internazionale abbiamo ancora molto da imparare” e il suo vice D'Antoni non può che assentire, è anche vero che dalle labbra di LeBron James o da quelle di Dwayne Wade o Carmelo Anthony, cioè i 3 capitani, non è uscita nemmeno mezza parola sull'argomento. Anzi. Anthony ha addirittura ammesso di essere shocked, ma anche che questa “non è la fine del mondo”, che di per se è giustissimo, ma tra le righe si legge tranquillamente “siamo sempre noi i migliori”. E questo invece è sbagliato.Sono si i migliori...ma in America.
Nelle competizioni internazionali contro squadre Fiba, sono forti, non i migliori. Il difetto è la mentalità (poichè chiariamoci: se gli america
ni fossero meno supponenti e preparassero veramente bene le competizioni internazionali non ce ne sarebbe per nessuno), anche perchè non c'è nessun Jordan nella selezione (checchè se ne dica di Wade…per favore.) e l'unico che poteva da solo risolvere la situazione è rimasto a casa....non faccio nomi. Sarebbe paradossalmente fin troppo facile analizzare gli aspetti tecnici di cui deficitano gli americani, così come è ancora paradossale vedere uno con i mezzi fisici di James o Wade non riuscire a fermare nemmeno con lo sgambetto quei fulmini di velocità dei greci... le basi del basket: allarghi le gambe, abbassi il baricentro, mano sulla palla e scivolamento laterale.Ecco perché persino il Portorico ha segnato 100 punti a questa nazionale!Eppure in NBA gente che difende c'è eccome, solo che essendo perlopiù scarsa in altri ambiti non viene convocata…e intanto la nazionale non è più sul trono del mondo da anni.Secondo chi scrive la via da seguire è una soltanto: convocare tra i migliori coloro che hanno più attitudine per il gioco puro, e più spirito di abnegazione (perchè caro Wade, lo spavaldo lo puoi fare solo quando vinci..) e torneranno a vincere tranquillamente."
Mentre Tiny Pistol sul blog atletico cuba libre, consiglia uno scambio "culturale" per risolvere la sterilità americana......."Europa - USA: scambio Culturale? Parlo del basket, ovviamente. L'ultimo Mondiale nel Giappone ha fatto a tanti sorgere questa domanda: ''Quanto può imparare l'Europa del basket dagli USA ancora? E quanto possono imparare gli USA dall'Europa?'' Bisogna dire che l'Europa è stata la prima a sfruttare l'altro continente, che è evidente nel numero di stranieri nel campionato NBA, ormai oltre 100 e preso a 50% delle rose.
a. Mezzi atletici. E' palese che l'Europa sta cercando di tirare fuori grandi atleti che sanno anche giocare a basket. Per la verità, esistevano già nel passato: Drazen Dalipagic, Andrei Lopatov, Toni Kukoc e via dicendo. Ma un Dr. J o un Michael Jordan dava l'impressione che ci fosse un abisso fisicamente. No. Ma, lo stesso, oggi abbiamo in Europa dei giocatori che sono anche atleti. Imparato dagli Americani.
b. Tiro. Una volta, l'NBA aveva fior di tiratori: Earl Monroe, Lou Hudson, John Havlicek, Phil Chenier, Larry Bird e via dicendo. L'Europa, però, anche negli anni passati, non scherzava con il tiro: Drazen Petrovic, Drazen Dalipagic, Sergei Belov, Antonello Riva, Renato Villalta. Ma l'Europa ha mantenuto il proprio livello, anzi, è molto migliorato, mentre gli USA non producono più tiratori. Devono studiare gli Europei.
c. Basket Essenziale vs. Basket Spettacolo. Nella partita USA-Grecia, ho visto diverse schiacciate fatte dagli Americani ma non mi ricordo neanche uno dalla Grecia. Ricordo anche qualche gioco molto spettacolare dagli Americani ma non me ne viene in mente uno dai Greci (anzi, pick and roll per 40 minuti). Ma, alla fine, i Greci hanno avuto ragione. Quindi, OK qualche gioco bello, ma gli USA devono fare anche ABC.
d. Difesa. Gli Americani hanno cercato, sin dalle amichevoli, di imporre un pressing individuale a tutto campo con qualche raddoppio sul portatore di palla appena lui attraversasse la linea di metà campo o sul ricevitore che prendesse il passaggio che attraversava la linea di metà campo. Efficace contro le squadre deboli, meno contro le squadre ben attrezzate e ben allenate. Gli USA non possono pressare sempre e vincere.
e. Uomo a Uomo. Qui gli USA fanno fatica a marcare un avversario uno contro uno, e senza aiuti. Vengono battuti regolarmente. Poi, se un compagno aiuta, il penetratore passa all'uomo lasciato libero dall'aiutante e il risultato è un canestro da tre. Qui, gli USA (allenatori di ogni livello) devono tornare a insegnare la difesa contro il proprio uomo, una tecnica forte in Europa ma ormai debolissima negli Stati Uniti.
f. Concetto di attacco. Le squadre del Vecchio Continente usano (anche i club) ciò che io chiamo lo ''Stile Europeo.'' Forse nato dalla grande Jugoslavia di Mirko Novosel. Cioè, un pivot vero, un play vero e tre micidiali tiratori. I tiratori si mettono uno a destra, uno a sinistra e uno centrale. Un bel pick and roll e i giochi sono fatti. Gli Americani farebbero bene a studiare più a fondo questo semplice concetto.
g. Direzione tecnica. Ho visto coach Mike Krzyzewski fare cambi cinque alla volta. Sono contrario a questa idea al 100%. Invece, se lo vede al livello NCAA. Funziona contro la Cina ma non contro la Grecia perchè spezza il ritmo della squadra quando i cinque entranti non si riscaldano in fretta. Gli allenatori USA farebbero bene a fare come i loro colleghi europei e sostituire uno o due giocatori alla volta e basta.
h. Attacco alla zona. Qui abbiamo un abisso. In Europa, certo, qualche volta si vede una zona, ma raramente e solo per cambiare la partita un po'. Coaches che fanno la zona sempre, come strategia base, non ci sono più. Motivo: i coaches in Europa sono i più bravi nel mondo ad attaccare le zone. Mi meraviglio che gli allenatori NCAA non chiedano filmati da loro per capire come attaccare la zona. Mi fermo qua. Ovvio, si potrebbe andare avanti con altri punti. Tirando le somme, gli Europei hanno poco da imparare dagli Americani mentre gli USA possono (e devono) imparare dagli Europei. Vuol dire coach USA devono studiare coach Europei; giocatori USA devono prendere da giocatori Europei. Comunque, è uno scambio culturale che arricchisce entrambe le parti."
Mentre il mio amico Alex di "Basketbhall" commenta inequivocabilmente che "Ho visto gli USA giocare non solo contro l’Italia, e ormai non mi stupisco nemmeno più dell’insipienza cestistica di questi che sarebbero comunissimi brocchi se non avessero il fisico che hanno."
Probabilmente tutti hanno ragione, tutti hanno torto, personalmente e da coach, sono rimasto profondamente deluso dal gioco espresso dall'armata USA: con Mike in panca pensavo di vedere un "gioco", una certa alternanza e disparità tra le soluzioni offensive, un book ricco, anche di nuove soluzioni, un mix tra gioco NCAA, quello NBA e quello Europeo giocato e vissuto dall'italo-americano.
Ma da Profumo di Vaniglia "Rimane il fatto che non appena Mike Krzyzewski e' ritornato a casa sua, non ci ha pensato su due volte ad analizzare questo semi fallimento partendo da un concetto molto semplice: per vincere l'oro alle prossime olimpiadi in Cina, Team Usa deve giocare di piu' un clima per cosi' dire internazionale. Dalla Cameron Indoor Stadium di Duke dove tutti lo considerano una leggenda, il coach della squadra piu' forte del mondo - almeno sulla carta - ha dimostrato di voler prendersi una bella rivincita, per quanto alla lunga digerire il boccone amaro non e' stato per niente facile. Quanto alla rosa in mente per ricostruire un futuro all'altezza della situazione, pare che Mike Krzyzewski abbia gia' le idee chiare: si cambia qualche individualita' ma Kobe Bryant, inserito come riserva a casa ma out per l'operazione al ginocchio, dovrebbe finalmente esordire in una competizione internazionale. In altre parole, l'appuntamento e' per i tornei in programma la prossima estate.
nella NBA ci sono 2 categorie di giocatori: quelli capaci e quelli fisicati.storicamente, quello capace è un giocatorino poco spettacolare, molto regolare, un allenatore in campo. stockton, per dire l'esempio chiave. niente di fuori dal mondo, sembra. ma una volta ho letto una dichiarazione di non ricordo chi, un play che al primo anno ha capito subito chi era stockton. diceva che prima stockton lo ha steso con una gomitata secca, senza che nessuno se ne accorgesse, poi ha chiamato l'arbitro per dirgli che il suo avversario era scivolato e bisognava asciugare il parquet.gente come stockton fa le cose che non si vedono.poi c'era l'altra categoria, quelli con il fisico. dimmi che kemp era capace di giocare! o che lo sono il 90% dei giocatori nba di oggi... io non ci crederò mai. sono iperspecializzati. ma in modo negativo: sanno fare solo 2 cose ciascuno.sfortunatamente per gli americani, oggi emerge una nuova categoria: quelli con il fisico e capaci di giocare. l'unico americano tra questi è KOBE. che, non c'è nessun dubbio, è il miglior giocatore di basket del mondo. e il fatto di non aver partecipato neanche a questa sconfitta USA lo mette in una posizione di vantaggio! non deve più neanche dirlo (come fece alla prima conferenza stampa da giocatore nba, diciassettenne: "io sono il migliore"). e che la gente chiaccheri pure sulla sua arroganza, tanto è lui che vince le partite. se i lakers gli mettessero assieme qualche giocatore serio (esempio: come mai non hanno più pensato a un centro europeo dopo divac? vujcic fa schifo? peker?) porterebbe a casa titoli a ripetizione. ma deve giocare con quel supersopravvalutato di odom.ormai ha mandato tutti i suoi messaggi, ha piegato anche lo spropositato ego di phil jackson.gli altri giocatori nba capaci non sono americani. sono gasol, nowitzki, insomma quasi tutta l'ondata europea. ma i giocatori americani dicono che questi europei sono soft...s'è visto ai mondiali chi è soft: fino a quando gli arbitri hanno permesso agli americani di mettere le mani addosso agli avversari (per tutto il girone di qualificazione) e hanno punito gli avversari che cercavano di difendere allo stesso modo, le cose sono andate bene per teamUSA.arrivati ai maestri delle mani addosso, i greci (no, non siamo noi italiani, checché ne dicesse se non sbaglio nikolic), hanno perso. ma hanno quasi sbroccato già nel girone, contro l'italia, per lo stesso motivo. e chi è che ha preso 300 punti in 3 partite? loro, che dicono di essere così forti e duri in difesa...senza poi contare che la difesa è meno di mezzo gioco. ci sono l'attacco e il saper stare in campo. e hanno spaventose lacune anche qui...nel '92 hanno deciso di mandare i pro NBA perché i collegialii non erano abbastanza e continuavano a perdere. adesso che continuano a perdere con i giocatori nba, mandano i marziani?
RispondiEliminaTrovo abbastanza sbagliato, anche il fatto che troppi "ragazzini" entrano nel mondo professionistico.Le scelte NBA, sono sempre più alla ricerca del giovane fenomeno, che non ha ancora concluso la carriera universitaria o addirittura non l'ha neanche cominciata.Probabilmente,a livello di risultati, la scelta di portare gli universitari nelle varie manifestazioni internazioneli, è ormai opsoleta, ma fino a qualche decennio fa, garantiva una gavetta non indifferente.Credo che la scelta giusta la stia facendo Toronto, non tanto per Bargnani, ma appare la franchigia più aperta verso il mondo europeo, che oggi è sicuramente il bacino migliore, sotto il puro aspetto tecnico.Non sarebbe male trovare una collaborazione più fattiva tra NBA e Fiba, anche per quando riguarda Eurolega ed NBA....il primo provino è a Roma vedremo il risultato.....ma un campionato del mondo per club? Almeno, forse, i campioni NBA, la smettono di proclamarsi campioni del mondo!!!!!
RispondiEliminala coppa del mondo per club esisteva penso fino a una trentina d'anni fa. non so perché l'abbiano soppressa. ma so che, qualora non la vincessero, gli americani direbbero che tanto non è importante, non è un titolo nba.
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