Grecia Vs Spagna : l'Europa al Vertice

Da Basketground.it del 01/09/06
Grecia - Stati Uniti 101-95 (14-20, 45-41; 77-65)
GRECIA: Papaloukas 8 (4/6 0/1), Schortsanitis 14 (6/7), Zisis ne, Spanoulis 22 (3/5 3/5), Vasilopoulos, Fotsis 9 (1/1 1/2), Hatzivrettas 2 (1/2 0/1), Dikoudis 8 (4/5), Tsartsaris 3 (1/1 da tre), Diamantidis 12 (2/3 2/3), Papadopoulos 8 (3/5), Kakiouzis 15 (3/4 1/5). All.: Yannakis.
STATI UNITI: Johnson 3 (1/3 da tre), Hinrich 12 (0/1 4/7), James 17 (8/10 0/4), Jamison ne, Battier 1 (0/1 da tre), Wade 19 (5/8 1/3), Paul 3 (0/3 0/2), Bosh 3 (1/1), Howard 10 (4/6), Miller ne, Brand (0/2), Anthony 27 (6/7 3/8). All.: Kryzewski.
Arbitri: Facchini (ITA), Maranho (BRA), Belosevic (SCG).
Totale Tiri: Gre 35/56 (8/18 da tre), USA 33/66 (9/28 da tre).
Tiri Liberi: Gre 23/33, USA 20/34.
Rimbalzi: Gre 28, USA 34.
Assist: Gre 19, USA 17.
Spettatori: 20000 circa.
da Saitama
Parlando tutti della scossa di terremoto (magnitudo 4.8, mica brustulli) che nel pomeriggio di ieri ci ha segnato, per un po’ ci si scorda perfino della semifinale. Ed invece la vera scossa sarebbe stata un’altra. Dentro la storia, dentro una gara non certo del colore previsto, il blu USA, ma con moltissime chiazze di bianco greco e di una tifoseria rumorosa al seguito (gli unici reali e non giapponesi travestiti).
Il fascino non muore, la passione di questo popolo per il basket men che mai, ma a questo punto, alla Nazionale di Kryzewski, totem maestoso della manifestazione, non rimane che tornare a casa senza l’oro, unico risultato accettato. Via la Grecia dunque, tutto questo, sennò, avrebbe ben poco senso.
L’hanno voluto qui i nipponici, questo Mundial, puntandoci quasi trenta milioni di dollari. Ed ora, che siamo giunti quasi in fondo, diciamo pure che l’organizzazione ha funzionato così così. Abbiamo visto di meglio.
In calce a tutto, questo successo greco porta il segno di una storia scritta, qua ad un’ora da Tokyo. A giocarsela, la finale, sarebbe dovuto toccare a quelli deputati, ossia agli omoni neri, se una finale non fosse appunto pure una partita della politica, dei muscoli e della efficienza esibita, delle aree blindate e dei controlli, alla moda di qui, minuziosissimi e discreti. Invece no.
La Grecia l’ha conquistata con merito, nell’Arena riempita a festa, soprattutto gonfia delle tante bandierine biancazzurre che sventolavano. E non e' un caso che a fine gara il coach a stelle e strisce si sia detto colpito soprattutto dall'organizzione di questa Grecia, dove nessuno vola sopra le righe e nessuno porta solo l'acqua.
Fin da subito s’era fatto sul serio, Papadopoulos tocca tutti i primi nove possessi, giocando su di lui s’evitano i raddoppi, in più si costringe Brand al doppio fallo già dopo cinque minuti. Grecia aggressiva, Grecia che pressa fin dalla rimessa e che ruba due palle da palleggio nel primo quarto. Mai visto prima contro gli USA.
In tutto questo frusciar di mani, il basket greco, meno ricco, tiene botta con una strenua, brillante competitività. Non erano favoriti qui, ma già esserci, sarebbe stata una medaglia per tutto il movimento, laddove invece sono spariti Francia, Germania e noi. Tutta l’antica nobiltà europea era appunto su Grecia e Spagna.
Per andare oltre, non sono servite le incursioni di Anthony ed i dunk di Howard, nonostante la gabbia di una zona stramascherata. Quando poi si fa la partita che vogliono gli americani, per i greci sembra non essere un buon segno. E salvo un’invenzione di Spanoulis, arranca dietro: Anthony accelera, Brand chiude l’area e quelli di Yannakis rischiano qualcosa sul tiro da tre.
Pur non sballando ai primi spari, s’annoda se deve pensare, non può correre e smarrisce vivacità. Per sua fortuna, pigliandoci poco, vede gli altri fotocopiare lo stesso score. Dà la carica Papaloukas (-3 a 3’51” dal pit stop lungo), qui Yannakis prova a dare qualche chilo con Schortsanitis, che ci mette un pò contro Howard, mentre Diamantidis tiene accesa la miccia da fuori.
E’ questa la Grecia migliore, che piazza un 6-0 e vola avanti (43-38). Galleggia di pura grinta: tuffi sulla palla, bonus arraffato in fretta, liberi. Eppoi, adesso, gli USA vanno meno in area, non dà palle dentro: ossia, di testa, non c’è.
Ed ancora +7 alla ritorno: tripla a occhi chiusi di Fotsis, +8 sull’appoggio di Baby Shaq. Anthony e James, assieme, fanno 1/4 dalla lunetta e dalla panca americana qualcuno comincia a mugugnare. Dal cilindro, poi, la tripla del +9 di Spanoulis.
Mai visto coach Kryzewski sempre in piedi, quando Diamantidis ha il quarto campo su Lebron e lo trafigge dai 6,25, ancora 1/2 per lui dalla lunetta, tripla ancora di Tsartsaris: +14 da non crederci. Da tempo, in casa americana, era montata la frenesia. Ancora Time out, il secondo in tre minuti con un solo gol e troppe pallacce buttate.
La Grecia esagera, nei giochi a due Dikoudis è una macchina: quattro attacchi, quattro difese al macero. Battier si sbuccia le ginocchia, Anthony lotta come fosse in B2 e si torna sotto le dieci lunghezze ma da tre minuti Kakiouzis è entrato nel momento omicida e tiene avanti la baracca (85-74 a 7’).
Da tempo ormai si erano abbassati i quintetti, nessuno giocava più col pivot, a decidere la semifinale sono stati i cetrocampi. A 5’ erano ancora 11 le lunghezze, 8 a meno di 3’ ed ogni i time out USA era diventato un fitto conciliabolo di gruppetti: più che coach K parlava D’Antoni, alzando lo sguardo di là, verso il vecchio avversario di mille Tracer-Aris.
E le speranze di rimonta che maceravano sull’antisportivo di Hinrich a 2’17”, in testa a un intero paese ormai rassegnato a non trovar più un biglietto per la finale. Capitalizzato solo con la tripla di Spanoulis, perché Baby Shaq aveva fatto 0/2 ai liberi (94-86 a 1’20”). La rimonta era andata quasi in gol e si è andato ad un colpo per uno. Sirtaki meglio del rock ad roll.
Spagna - Argentina 75-74 (15-21, 40-38; 60-56)
SPAGNA: Gasol P. 19 (7/10), Fernandez 4 (2/3 0/4), Cabezas 2 (1/1), Navarro 4 (1/3 0/4), Calderon 7 (1/2 0/1), Reyes 2, Jimenez 4 (1/3), Rodriguez S.14 (2/3 3/3), Rodriguez B.(0/1 da tre), Gasol M. ne, Mumbru, Garbajosa 19 (1/5 3/7). All.: Hernandez.
ARGENTINA: Scola 8 (3/6 0/1), Ginobili 21 (2/12 4/9), Sanchez 13 (2/3 3/4), Oberto 2 (1/3), Herrmann 6 (0/1 2/3), Fernandez ne, Delfino 3 (0/2 1/4), Prigioni (0/2 da tre), Gutierrez ne, Nocioni 15 (2/5 2/7), Farabello ne, Wolkowyski 6 (1/2 1/3). All.: Hernandez.
Arbitri: Bachar (ISR), Carrion (PUR), Brazauskas (LTU). Totale Tiri: Spa 22/50 (6/20 da tre), Arg 24/67 (13/33 da tre). Tiri Liberi: Spa 25/33, Arg 13/19. Rimbalzi: Spa 36, Arg 37. Assist: Spa 11, Arg 11. Spettatori: 20000 circa.
Vedremo USA-Argentina, ma per il bronzo. Il mondo che ebbe come ultima capitale Belgrado, anche se poi, fra Olimpiadi ed Europeo son stati solo fallimenti, riapre gli usci dopodomani ad un team del nostro continente. Che la coppa grossa se la giocassero Grecia-Spagna è un setaccio molto grosso. Il declassamento investe anzitutto le Americhe, che in finale una dovevano madargliela.
Invece non, saranno due del nostro continente. Della Spagna, poi, spicca in tabella la sua onnipresenza forte e luminosa, storicamente segnata da buoni tornei ma nessun titolo. Potrebbe cominciare con la coppa del mondo, mica male. Era un derby, certamente più sentito di USA-Grecia, ne ha mantenuto le prerogative.
L’ha vinta chi meglio ha attaccato il ferro, non accontentandosi di guardarlo
da lontano. L’ha vinta soprattutto Pau Gasol, sempre presente a rintuzzare ogni attacco. L’avrebbe vinta Ginobili, ma ha avuto poco aiuto dai lunghi, e da un disequilibrio che ha portato a tirare 33 volte da tre.
La partenza argentina (13-2, 18-7) ha subito incrociato la volontà di asciugare una gara che è quasi un derby. Ma dopo quel livido avvio spagnolo, il match si ricompone. Un lazzaretto cinese, un primo quarto senza requie per la truppa iberica. Abbiamo visto l’ombra di Garbajosa scomparire davanti al pacchetto lunghi avversario e Ginobili ha messo la prua del suo jet in direzione area avversaria. Un paio di minuti da patema, poi la Spagna s’è fatta riscoprire addirittura scintillante.
A tessere insieme si gioca meglio e questo ora faceva. Hernandez Pepu giunge a proficue mediazioni. Finalmente la sua squadra sale sull’affollato vagone dell’area, ma si insiste su Navarro, quando sono altri quelli che girano. La partita è allora diventata una scatola di sorprese, felici per lui, meno per l’omonimo Sergio, che con poca riluttanza adopera il tiro da fuori (8/19 all’intervallo lungo).
Quando lo fa trova in Nocioni la mano felice (15-21 al 10’). La Spagna torna a galla con Gasol, gioca male, ma l’Argentina ora è pure peggio: si passano la palla all’infinito, finchè uno non deve sparare un tiraccio impiccato; sennò la danno sotto, e si fa prima: le perde tutte.
Quasi per inerzia, anche Garbajosa entra di prepotenza nel match con 5 punti filati (27-23), e fioriscono pure due bei dunk in contropiede di Rodriguez (30-29). Poi, sempre in contropiede, Gasol fa il giochino dei tre punti ed è pure sorpasso. Serve Ginobili, Manu è in panca con sei punti ed un fallo, appena entra è subito pareggio.
Ripresa. La gara s’incattivisce, esce il sangue del derby: s’azzoppano Ginobili (polso), Oberto (caviglia), entrambi ovviamente restano nel match. La Spagna lavora bene in difesa, in attacco Calderon crea, Gasol segna firma il +5: 47-42. Non dura un sospiro, perché Garbajosa porta a 6 le lunghezze di una squadra uscita meglio dal ventre dell´Arena.
Gasol svelle di tutto, Rodriguez infila corridoi dilatandoli a camionali, Garbajosa continua a mostrare mani gentili nei suoi agguati silenziosi. La Spagna è sempre avanti, l’Argentina viaggia ad un punto al minuto e sarebbe da querela. Ma non ci sta, all’ultima curva del quarto fa il pieno d’orgoglio e con le triple torna lì, ad un passo.
Non al sorpasso no. Ci va solo vicino. No, nemmeno, perché ogni volta Wolkowyski fallisce il colpo. Il racconto dell’ultima farzione è la cronaca di una gara rivida, ad un colpo per uno, con l’Argentina a guardare soprattutto Ginobili e da lui attendere di essere imboccata ed imbeccata. Ci sono Nocioni, Oberto, Delfino e Sanchez che per tre minuti non muovono foglia.
C’è una Spagna più alta che si mimetizza bene e c’è il solito Gasol. Solo quando la difesa perde colpi, c’è la rimonta (65-62) e l’Hernandez spagnolo perde la pazienza. Con due minuti nati da un eruttivo di Nocioni, il pareggio è ad un solo punto, poi Gasol con un avvitato dei suoi ristabilisce le distanze.
Senza idee, sei da recuperarne a cento secondi diventano un Everest. Lo scala Scola, impattando a 22”, col match ball, però, in mano agli altri. La scelta, quasi obbligata, è andar per lunette: 1/2 Calderon, ma l’ultimo possesso biancoceleste sbatte sul un ferro.
E’ giunto l’epilogo: l’Argentina ne prenda atto. E per noi, fatalmente, si libera un posto in più alle prossime Olimpiadi.
STATI UNITI: Johnson 3 (1/3 da tre), Hinrich 12 (0/1 4/7), James 17 (8/10 0/4), Jamison ne, Battier 1 (0/1 da tre), Wade 19 (5/8 1/3), Paul 3 (0/3 0/2), Bosh 3 (1/1), Howard 10 (4/6), Miller ne, Brand (0/2), Anthony 27 (6/7 3/8). All.: Kryzewski.
Arbitri: Facchini (ITA), Maranho (BRA), Belosevic (SCG).
Totale Tiri: Gre 35/56 (8/18 da tre), USA 33/66 (9/28 da tre).
Tiri Liberi: Gre 23/33, USA 20/34.
Rimbalzi: Gre 28, USA 34.
Assist: Gre 19, USA 17.
Spettatori: 20000 circa.
da Saitama
Parlando tutti della scossa di terremoto (magnitudo 4.8, mica brustulli) che nel pomeriggio di ieri ci ha segnato, per un po’ ci si scorda perfino della semifinale. Ed invece la vera scossa sarebbe stata un’altra. Dentro la storia, dentro una gara non certo del colore previsto, il blu USA, ma con moltissime chiazze di bianco greco e di una tifoseria rumorosa al seguito (gli unici reali e non giapponesi travestiti).
Il fascino non muore, la passione di questo popolo per il basket men che mai, ma a questo punto, alla Nazionale di Kryzewski, totem maestoso della manifestazione, non rimane che tornare a casa senza l’oro, unico risultato accettato. Via la Grecia dunque, tutto questo, sennò, avrebbe ben poco senso.
L’hanno voluto qui i nipponici, questo Mundial, puntandoci quasi trenta milioni di dollari. Ed ora, che siamo giunti quasi in fondo, diciamo pure che l’organizzazione ha funzionato così così. Abbiamo visto di meglio.
In calce a tutto, questo successo greco porta il segno di una storia scritta, qua ad un’ora da Tokyo. A giocarsela, la finale, sarebbe dovuto toccare a quelli deputati, ossia agli omoni neri, se una finale non fosse appunto pure una partita della politica, dei muscoli e della efficienza esibita, delle aree blindate e dei controlli, alla moda di qui, minuziosissimi e discreti. Invece no.
La Grecia l’ha conquistata con merito, nell’Arena riempita a festa, soprattutto gonfia delle tante bandierine biancazzurre che sventolavano. E non e' un caso che a fine gara il coach a stelle e strisce si sia detto colpito soprattutto dall'organizzione di questa Grecia, dove nessuno vola sopra le righe e nessuno porta solo l'acqua.
Fin da subito s’era fatto sul serio, Papadopoulos tocca tutti i primi nove possessi, giocando su di lui s’evitano i raddoppi, in più si costringe Brand al doppio fallo già dopo cinque minuti. Grecia aggressiva, Grecia che pressa fin dalla rimessa e che ruba due palle da palleggio nel primo quarto. Mai visto prima contro gli USA.
In tutto questo frusciar di mani, il basket greco, meno ricco, tiene botta con una strenua, brillante competitività. Non erano favoriti qui, ma già esserci, sarebbe stata una medaglia per tutto il movimento, laddove invece sono spariti Francia, Germania e noi. Tutta l’antica nobiltà europea era appunto su Grecia e Spagna.
Per andare oltre, non sono servite le incursioni di Anthony ed i dunk di Howard, nonostante la gabbia di una zona stramascherata. Quando poi si fa la partita che vogliono gli americani, per i greci sembra non essere un buon segno. E salvo un’invenzione di Spanoulis, arranca dietro: Anthony accelera, Brand chiude l’area e quelli di Yannakis rischiano qualcosa sul tiro da tre.
Pur non sballando ai primi spari, s’annoda se deve pensare, non può correre e smarrisce vivacità. Per sua fortuna, pigliandoci poco, vede gli altri fotocopiare lo stesso score. Dà la carica Papaloukas (-3 a 3’51” dal pit stop lungo), qui Yannakis prova a dare qualche chilo con Schortsanitis, che ci mette un pò contro Howard, mentre Diamantidis tiene accesa la miccia da fuori.
E’ questa la Grecia migliore, che piazza un 6-0 e vola avanti (43-38). Galleggia di pura grinta: tuffi sulla palla, bonus arraffato in fretta, liberi. Eppoi, adesso, gli USA vanno meno in area, non dà palle dentro: ossia, di testa, non c’è.
Ed ancora +7 alla ritorno: tripla a occhi chiusi di Fotsis, +8 sull’appoggio di Baby Shaq. Anthony e James, assieme, fanno 1/4 dalla lunetta e dalla panca americana qualcuno comincia a mugugnare. Dal cilindro, poi, la tripla del +9 di Spanoulis.
Mai visto coach Kryzewski sempre in piedi, quando Diamantidis ha il quarto campo su Lebron e lo trafigge dai 6,25, ancora 1/2 per lui dalla lunetta, tripla ancora di Tsartsaris: +14 da non crederci. Da tempo, in casa americana, era montata la frenesia. Ancora Time out, il secondo in tre minuti con un solo gol e troppe pallacce buttate.
La Grecia esagera, nei giochi a due Dikoudis è una macchina: quattro attacchi, quattro difese al macero. Battier si sbuccia le ginocchia, Anthony lotta come fosse in B2 e si torna sotto le dieci lunghezze ma da tre minuti Kakiouzis è entrato nel momento omicida e tiene avanti la baracca (85-74 a 7’).
Da tempo ormai si erano abbassati i quintetti, nessuno giocava più col pivot, a decidere la semifinale sono stati i cetrocampi. A 5’ erano ancora 11 le lunghezze, 8 a meno di 3’ ed ogni i time out USA era diventato un fitto conciliabolo di gruppetti: più che coach K parlava D’Antoni, alzando lo sguardo di là, verso il vecchio avversario di mille Tracer-Aris.
E le speranze di rimonta che maceravano sull’antisportivo di Hinrich a 2’17”, in testa a un intero paese ormai rassegnato a non trovar più un biglietto per la finale. Capitalizzato solo con la tripla di Spanoulis, perché Baby Shaq aveva fatto 0/2 ai liberi (94-86 a 1’20”). La rimonta era andata quasi in gol e si è andato ad un colpo per uno. Sirtaki meglio del rock ad roll.
Spagna - Argentina 75-74 (15-21, 40-38; 60-56)
SPAGNA: Gasol P. 19 (7/10), Fernandez 4 (2/3 0/4), Cabezas 2 (1/1), Navarro 4 (1/3 0/4), Calderon 7 (1/2 0/1), Reyes 2, Jimenez 4 (1/3), Rodriguez S.14 (2/3 3/3), Rodriguez B.(0/1 da tre), Gasol M. ne, Mumbru, Garbajosa 19 (1/5 3/7). All.: Hernandez.
ARGENTINA: Scola 8 (3/6 0/1), Ginobili 21 (2/12 4/9), Sanchez 13 (2/3 3/4), Oberto 2 (1/3), Herrmann 6 (0/1 2/3), Fernandez ne, Delfino 3 (0/2 1/4), Prigioni (0/2 da tre), Gutierrez ne, Nocioni 15 (2/5 2/7), Farabello ne, Wolkowyski 6 (1/2 1/3). All.: Hernandez.
Arbitri: Bachar (ISR), Carrion (PUR), Brazauskas (LTU). Totale Tiri: Spa 22/50 (6/20 da tre), Arg 24/67 (13/33 da tre). Tiri Liberi: Spa 25/33, Arg 13/19. Rimbalzi: Spa 36, Arg 37. Assist: Spa 11, Arg 11. Spettatori: 20000 circa.
Vedremo USA-Argentina, ma per il bronzo. Il mondo che ebbe come ultima capitale Belgrado, anche se poi, fra Olimpiadi ed Europeo son stati solo fallimenti, riapre gli usci dopodomani ad un team del nostro continente. Che la coppa grossa se la giocassero Grecia-Spagna è un setaccio molto grosso. Il declassamento investe anzitutto le Americhe, che in finale una dovevano madargliela.
Invece non, saranno due del nostro continente. Della Spagna, poi, spicca in tabella la sua onnipresenza forte e luminosa, storicamente segnata da buoni tornei ma nessun titolo. Potrebbe cominciare con la coppa del mondo, mica male. Era un derby, certamente più sentito di USA-Grecia, ne ha mantenuto le prerogative.
L’ha vinta chi meglio ha attaccato il ferro, non accontentandosi di guardarlo
da lontano. L’ha vinta soprattutto Pau Gasol, sempre presente a rintuzzare ogni attacco. L’avrebbe vinta Ginobili, ma ha avuto poco aiuto dai lunghi, e da un disequilibrio che ha portato a tirare 33 volte da tre.
La partenza argentina (13-2, 18-7) ha subito incrociato la volontà di asciugare una gara che è quasi un derby. Ma dopo quel livido avvio spagnolo, il match si ricompone. Un lazzaretto cinese, un primo quarto senza requie per la truppa iberica. Abbiamo visto l’ombra di Garbajosa scomparire davanti al pacchetto lunghi avversario e Ginobili ha messo la prua del suo jet in direzione area avversaria. Un paio di minuti da patema, poi la Spagna s’è fatta riscoprire addirittura scintillante.
A tessere insieme si gioca meglio e questo ora faceva. Hernandez Pepu giunge a proficue mediazioni. Finalmente la sua squadra sale sull’affollato vagone dell’area, ma si insiste su Navarro, quando sono altri quelli che girano. La partita è allora diventata una scatola di sorprese, felici per lui, meno per l’omonimo Sergio, che con poca riluttanza adopera il tiro da fuori (8/19 all’intervallo lungo).
Quando lo fa trova in Nocioni la mano felice (15-21 al 10’). La Spagna torna a galla con Gasol, gioca male, ma l’Argentina ora è pure peggio: si passano la palla all’infinito, finchè uno non deve sparare un tiraccio impiccato; sennò la danno sotto, e si fa prima: le perde tutte.
Quasi per inerzia, anche Garbajosa entra di prepotenza nel match con 5 punti filati (27-23), e fioriscono pure due bei dunk in contropiede di Rodriguez (30-29). Poi, sempre in contropiede, Gasol fa il giochino dei tre punti ed è pure sorpasso. Serve Ginobili, Manu è in panca con sei punti ed un fallo, appena entra è subito pareggio.
Ripresa. La gara s’incattivisce, esce il sangue del derby: s’azzoppano Ginobili (polso), Oberto (caviglia), entrambi ovviamente restano nel match. La Spagna lavora bene in difesa, in attacco Calderon crea, Gasol segna firma il +5: 47-42. Non dura un sospiro, perché Garbajosa porta a 6 le lunghezze di una squadra uscita meglio dal ventre dell´Arena.
Gasol svelle di tutto, Rodriguez infila corridoi dilatandoli a camionali, Garbajosa continua a mostrare mani gentili nei suoi agguati silenziosi. La Spagna è sempre avanti, l’Argentina viaggia ad un punto al minuto e sarebbe da querela. Ma non ci sta, all’ultima curva del quarto fa il pieno d’orgoglio e con le triple torna lì, ad un passo.
Non al sorpasso no. Ci va solo vicino. No, nemmeno, perché ogni volta Wolkowyski fallisce il colpo. Il racconto dell’ultima farzione è la cronaca di una gara rivida, ad un colpo per uno, con l’Argentina a guardare soprattutto Ginobili e da lui attendere di essere imboccata ed imbeccata. Ci sono Nocioni, Oberto, Delfino e Sanchez che per tre minuti non muovono foglia.
C’è una Spagna più alta che si mimetizza bene e c’è il solito Gasol. Solo quando la difesa perde colpi, c’è la rimonta (65-62) e l’Hernandez spagnolo perde la pazienza. Con due minuti nati da un eruttivo di Nocioni, il pareggio è ad un solo punto, poi Gasol con un avvitato dei suoi ristabilisce le distanze.
Senza idee, sei da recuperarne a cento secondi diventano un Everest. Lo scala Scola, impattando a 22”, col match ball, però, in mano agli altri. La scelta, quasi obbligata, è andar per lunette: 1/2 Calderon, ma l’ultimo possesso biancoceleste sbatte sul un ferro.
E’ giunto l’epilogo: l’Argentina ne prenda atto. E per noi, fatalmente, si libera un posto in più alle prossime Olimpiadi.
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