Palargento, se ne parla nel 2007

Dalla Gazzetta dello Sport del 22 Giugno 2006

- Lo scandalo -

L'unico palasport del capoluogo campano è chiuso da quasi un decennio, il suo cantiere sembra uno scavo di Pompei. Storia di mille promesse non mantenute...

Una vergogna chiamata Mario Argento. Il palasport napoletano è ridotto a un rottame: chiuso dal 6 giugno 1998, se ne attende invano la ricostruzione. In questi otto anni, ci sono stati un susseguirsi di chiacchiere a volontà, promesse, visioni di plastici, ma di fatti zero. Napoli è una metropoli, l’unica tra Roma, Milano e Torino a non avere un palasport degno di tal nome. La squadra di basket, la Carpisa (vincitrice della coppa Italia 2006 e semifinalista scudetto) ha ottenuto il diritto a disputare l’Eurolega: per parteciparvi occorre un palazzo di almeno 5000 posti, più tutta una serie di prescrizioni, come spogliatoi reali (non container come gli attuali del Palabarbuto, 4000 posti e quindi insufficiente), sala stampa e sala vip capienti. Richieste che allo stato attuale non possono essere evase. E Napoli rischia così di dover dire addio alla manifestazione internazionale, a meno di un accelerata violenta al problema. Fosse esistito il Palargento, sarebbe stata tutt’altra storia.
La prima gara, naturalmente di basket, si giocò quasi 43 anni fa, il 22 settembre 1963, ai Giochi del Mediterraneo: Italia-Siria 78-49. L’ultima il 16 aprile 1998: Partenope-Pozzuoli 82-73, penultima giornata di A-2, spettatori poco più di 500. L’incontro terminò 82-73. In mezzo, sempre un mare di problemi di utilizzo (è stato pure deposito di schede elettorali) e manutenzione. Da quella data, sull’impianto è calato il sipario. Chiuso. Visto l’andazzo decennale, forse per sempre.
Dicevamo delle chiacchiere. Spese in quantità industriale. A fine gennaio ’99, l’allora sindaco di Napoli, Antonio Bassolino, in occasione dell’All Star Game disputato al Palavesuvio di Ponticelli (capienza 3711 posti, quindi anch’esso non idoneo per l’Eurolega), confermò lo stanziamento di cinque miliardi di lire per la ristrutturazione: "Il problema del Palargento verrà risolto, bisognerà vedere se servirà rifare la copertura del tetto, o raderlo al suolo e costruirne uno nuovo. Se si limiterà tutto al tetto, contiamo di vedere il nuovo impianto per ottobre".
È il 1999, lo ricordiamo. Riunioni, commissioni, ma nessuna risposta. Febbraio 2000: il Comune di Napoli stanzia, grazie a un accordo con l’Istituto per il Credito Sportivo e il Coni, 60 miliardi di lire in tre anni per dare la possibilità a molti impianti di essere ristrutturati. I politici ribadiscono ancora una volta che per il settembre del 2001 Napoli potrà riappropriarsi del Palargento: "L’iter burocratico – le parole di Giulia Parente, assessore allo sport negli ultimi dieci anni: al suo posto da pochi giorni, con la nuova giunta, c’è Alfredo Ponticelli –, dovrebbe concludersi a giugno e per l’esecuzione dei lavori ci vorrebbe poco più di un anno".
Dicembre 2000. Amedeo Salerno, numero uno del Coni provinciale nonché ex vice presidente della Federbasket, annuncia: "Una ditta di Firenze in gennaio presenterà il progetto completo, poi dovrà partire subito la gara d’appalto dei lavori". Due mesi dopo, a parlare è l’architetto fiorentino Giovanni Corradetti, vincitore della gara: "I napoletani faranno fatica a riconoscerlo: avrà 12.000 posti, sarà stupendo, i lavori cominceranno in settembre".
Già, settembre 2001: attesa vana, di lavori non se parla proprio. Intanto, nell’elenco annuale dei lavori pubblici 2002 del comune di Napoli, allegato n° 4, alla voce n° 59 che riguarda proprio la ristrutturazione del Palargento, figura una disponibilità di ben 10.845.594,88 euro (finanziamento attraverso mutuo cassa D.D. P.P. e Regione Campania): termine ultimo di effettivo utilizzo viene indicato il quarto trimestre 2004. Risultato? Quei soldi sono rimasti inutilizzati.
Mario Maione, presidente-proprietario del Basket Napoli, nell’aprile 2003, battagliando per la costruzione di un altro impianto (all’inizio la sua squadra ha giocato al Palablù di Monteruscello, Pozzuoli), disse: "Mi serve un palazzetto, non posso attendere oltre. Perché il Comune non mi affida il rudere del Palargento, lo sistemerò io". Ottobre 2003: Napoli può rientrare in città grazie al Palabarbuto, 4000 posti (ufficiali, sono in realtà meno…). Ma per il nuovo Palargento non si sente nulla.
Febbraio 2005: lo studio Corradetti di Firenze in una conferenza stampa fa vedere il plastico del Palargento che verrà, con tanto di dettagli. Si legge nel progetto: "È prevista la riorganizzazione di tutte le funzioni del palazzetto dello sport ampliandone la capacità ricettiva a 8000 spettatori. Vengono ripristinate le conformità alle norme con opere di demolizioni e successiva ricostruzione di gran parte dell’impianto esistente e con la realizzazione delle tribune, della copertura e di tutti i servizi e gli impianti per il pubblico e per gli atleti. Con tali operazioni l’edificio assume un aspetto completamente nuovo sia per linguaggio architettonico che per le soluzioni tecniche e strutturali. La struttura della copertura è un guscio a doppia curvatura e a reticolo spaziale, per una
superficie sviluppata di 12.870 mq. Nel progetto di riorganizzazione funzionale e tecnica è previsto lo svolgimento di varie attività sportive e culturali
". Belle parole.
Si parte, finalmente. Si lavora. C’è anche una ditta che vince l’appalto: avrà 820 giorni lavorativi a disposizione per completare l'opera. Giugno 2005: Franco Moxedano, presidente della Commissione Edilizia del comune di Napoli, dice: "Siamo a un buon punto, i lavori procedono a pieno ritmo, si può essere fiduciosi". Settembre 2005: i primi (?) intoppi. Ennesimo sopralluogo, di politici, tecnici, presidenti e addetti ai lavori di vario genere. Sempre Moxedano dichiara: "È con grande soddisfazione che abbiamo constatato come lo stato di avanzamento dei lavori proceda secondo il programma concordato, consentendo così di fissare per agosto 2007 la consegna del palasport".
Anche qui, scatta l’inghippo. Per l’inizio di ottobre viene convocata un’altra commissione-riunione per verificare l’opportunità o meno di abbattere le due tribune del palasport. "Il tema della riunione – parole sempre del presidente della Commissione edilizia –, verterà sull’ipotesi di risparmiare risorse economiche da riutilizzare per il completamento dei lavori, valutando se le attuali tribune siano compatibili con i parametri di sicurezza imposti dalla nuova normativa. In ogni caso, questa decisione non influirà in alcun modo sui tempi di consegna dell’opera".
Qualcosa si muove? Macchè. Anzi, d’incanto si blocca tutto. Non si vede più un operaio, non si muove foglia. La riapertura del cantiere, prevista per ottobre 2005, slitta a febbraio 2006. Poi, al 30 marzo. Colpa della stesura della variante al progetto che ha obbligato lo stop. Sembrava fosse pronta, invece non è stata neanche completata. Il direttore dei lavori, l'ingegnere Andrea Esposito, fa sapere: "Il decreto legge del 14 settembre 2005 sulle costruzioni in zona sismica ha imposto approfondimenti e studi complessi. Ho fatto notare agli amministratori la necessità di una variante: appena riterrò di percorrere la strada giusta, la completeremo e la sottoporremo prima all'approvazione tecnica, poi a quella amministrativa e finanziaria. L'importanza dell'opera impone di procedere con ogni dovuta cautela. Abbiamo la necessità di isolare la struttura dal punto di vista sismico senza cadere negli errori del passato".
Febbraio 2006, la Carpisa vince la coppa Italia. Il sindaco Iervolino premia la squadra e dice: "Vi dobbiamo la vostra casa, quello che vi spetta di diritto, il Palargento". L’ex assessore Parente spiega meglio: "C'è stato un rallentamento dei lavori dovuto a normative diverse. A marzo c’è la riprogrammazione e si riparte con i lavori. Andranno giù le tribune che ancora sono lì, non è possibile recuperarle". Si riparte? Tutte storie. Il rudere è lì. L’amministrazione in quasi 10 anni (sindaci Bassolino e Iervolino) non è stata capace di risolvere il problema del Palargento, lasciato colpevolmente ai margini dell'agenda politica. Per una metropoli come Napoli, non è un bel vedere.

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