Il cambiamento del ruolo dell'allenatore

da Basketnet.it del 05 Maggio 2006 di Giorgio Valli

Negli ultimi anni il ruolo dell'allenatore alla guida di squadre professionistiche è mutato profondamente, di pari passo al cambiamento delle norme che regolano la formazione delle squadre. Il fatto che praticamente per sei-sette mesi si possa cambiare il proprio roster fino al 60% rende la squadra un insieme di persone in continua evoluzione. Viene quindi a cadere il concetto di strutturazione tecnica e non solo del gruppo. L'allenatore non è più una guida che può lavorare nel tempo, passando per la profonda conoscenza dei suoi giocatori, ma un semplice gestore di risorse umane che prestano la propria opera temporaneamente.
Quando si diceva che un buon coach doveva adattare la propria filosofia in base ai giocatori che aveva a disposizione, ora, questa regola, si è ribaltata e l'allenatore, in base alle risorse economiche del club, può adattare il team, cambiandone gli elementi, al proprio credo.
Altro concetto che è venuto meno è il cosiddetto “ciclo''. Ora si lavora solo sul presente, visto che nessuno, presidente, sponsor , tifosi e stampa, accetta la sconfitta. Tutti vogliono vincere ogni domenica senza dare tempo al lavoro, al miglioramento dei singoli, che se ''sbagliano'' 2 o 3 partite, vengono scambiati sul mercato. Il lavoro tecnico del coach è quindi rivolto più al miglioramento globale della squadra che all'arrichimento tecnico individuale.
Non solo: questo stato di fatto ha standardizzato il lavoro tecnico-tattico dei vari allenatori, visto il flusso continuo in entrata ed in uscita dei giocatori. Per rendere più facile ed immediato l'inserimento di un singolo in un gruppo che deve vincere subito dopo 4 o 5 giorni, si tende a globalizzare quelli che vengono definiti gli schemi di gioco, che ormai si assomigliano tutti.
Altro aspetto negativo delle liste ''aperte'' è la scomparsa dei settori giovanili. E' molto più sbrigativo ed economicamente vantaggioso reclutare ragazzi argentini di vent'anni, già pronti per il ruolo di nono, decimo uomo, che investire in buoni istruttori e formare una base giovanile. Tanto se capita un infortunio a giocatori di prima fascia, si va sul mercato e si trova il giocatore da sostituire.
Poco importa poi se si tratta come carne da macello la panchina, in quanto agli ultimi giocatori del roster non viene richiesto di giocare, quindi anche di migliorare.
Da questo contesto si desume che l'allenatore in quanto tale non esiste più e bisogna quindi ridisegnare il proprio ruolo, reinventandosi gestore di risorse umane.
L'ancora di salvezza credo, se ancora possibile, possa essere quella di guardare... all’indietro, tornando ad aver più pazienza e tolleranza nei confronti dei risultati immediati, per raccogliere qualcosa di duraturo in futuro. Anche perchè la gente che segue il basket ha bisogno di ritornare ad identificarsi nella squadra. La squadra, appunto.

Commenti

  1. sono cose che andiamo ripetendo in molti da molto tempo. forse il fatto che adesso anche noi media (io e te, in pratica :) ) continuiamo a ripetere che il basket è una cosa diversa, forse è qualcosa. ma ho paura che ormai il crollo sia inevitabile.

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